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Ordine
Militare e Religioso dei Cavalieri di Cristo
Gran Priorato
d'Italia |
SACRAMENTUM
CARITATIS
Esortazione Apostolica
Postsinodale del Santo Padre Benedetto XVI°
all'episcopato, al Clero, alle persone consacrate e
ai fedeli laici sull'eucarestia fonte e culmine
della vita e della missione della chiesa
22 Febbraio 2007
INTRODUZIONE
1. Sacramento della carità (1), la
Santissima Eucaristia è il dono che Gesù Cristo fa
di se stesso, rivelandoci l'amore infinito di Dio
per ogni uomo. In questo mirabile Sacramento si
manifesta l'amore « più grande », quello che spinge
a « dare la vita per i propri amici » (Gv
15,13). Gesù, infatti, « li amò fino alla fine » (Gv
13,1). Con questa espressione, l'Evangelista
introduce il gesto di infinita umiltà da Lui
compiuto: prima di morire sulla croce per noi,
messosi un asciugatoio attorno ai fianchi, Egli lava
i piedi ai suoi discepoli. Allo stesso modo, Gesù
nel Sacramento eucaristico continua ad amarci « fino
alla fine », fino al dono del suo corpo e del suo
sangue. Quale stupore deve aver preso il cuore degli
Apostoli di fronte ai gesti e alle parole del
Signore durante quella Cena! Quale meraviglia deve
suscitare anche nel nostro cuore il Mistero
eucaristico!
Il cibo della verità
2. Nel Sacramento dell'altare, il
Signore viene incontro all'uomo, creato ad immagine
e somiglianza di Dio (cfr Gn 1,27), facendosi
suo compagno di viaggio. In questo Sacramento,
infatti, il Signore si fa cibo per l'uomo affamato
di verità e di libertà. Poiché solo la verità può
renderci liberi davvero (cfr Gv 8,36), Cristo
si fa per noi cibo di Verità. Con acuta conoscenza
della realtà umana, sant'Agostino ha messo in
evidenza come l'uomo si muova spontaneamente, e non
per costrizione, quando si trova in relazione con
ciò che lo attrae e suscita in lui desiderio.
Domandandosi, allora, che cosa possa ultimamente
muovere l'uomo nell'intimo, il santo Vescovo
esclama: « Che cosa desidera l'anima più
ardentemente della verità? » (2). Ogni uomo,
infatti, porta in sé l'insopprimibile desiderio
della verità, ultima e definitiva. Per questo, il
Signore Gesù, « via, verità e vita » (Gv
14,6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che
si sente pellegrino e assetato, al cuore che sospira
verso la fonte della vita, al cuore mendicante della
Verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta
Persona, che attira a sé il mondo. « Gesù è la
stella polare della libertà umana: senza di Lui essa
perde il suo orientamento, poiché senza la
conoscenza della verità la libertà si snatura, si
isola e si riduce a sterile arbitrio. Con Lui, la
libertà si ritrova » (3). Nel sacramento
dell'Eucaristia Gesù ci mostra in particolare la
verità dell'amore, che è la stessa essenza di
Dio. È questa verità evangelica che interessa ogni
uomo e tutto l'uomo. Per questo la Chiesa, che trova
nell'Eucaristia il suo centro vitale, si impegna
costantemente ad annunciare a tutti, opportune
importune (cfr 2 Tm 4,2), che Dio è amore
(4). Proprio perché Cristo si è fatto per noi cibo
di Verità, la Chiesa si rivolge all'uomo,
invitandolo ad accogliere liberamente il dono di
Dio.
Lo sviluppo del rito
eucaristico
3. Guardando alla storia
bimillenaria della Chiesa di Dio, guidata dalla
sapiente azione dello Spirito Santo, ammiriamo,
pieni di gratitudine, lo sviluppo, ordinato nel
tempo, delle forme rituali in cui facciamo memoria
dell'evento della nostra salvezza. Dalle molteplici
forme dei primi secoli, che ancora splendono nei
riti delle antiche Chiese di Oriente, fino alla
diffusione del rito romano; dalle chiare indicazioni
del Concilio di Trento e del Messale di san Pio V
fino al rinnovamento liturgico voluto dal Concilio
Vaticano II: in ogni tappa della storia della Chiesa
la Celebrazione eucaristica, quale fonte e culmine
della sua vita e missione, risplende nel rito
liturgico in tutta la sua multiforme ricchezza. La
XI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei
Vescovi, svoltasi dal 2 al 23 ottobre 2005 in
Vaticano, ha espresso nei confronti di questa storia
un profondo ringraziamento a Dio, riconoscendo
operante in essa la guida dello Spirito Santo. In
particolare, i Padri sinodali hanno constatato e
ribadito il benefico influsso che la riforma
liturgica attuata a partire dal Concilio ecumenico
Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa (5).
Il Sinodo dei Vescovi ha avuto la possibilità di
valutare la sua ricezione dopo l'Assise conciliare.
Moltissimi sono stati gli apprezzamenti. Le
difficoltà ed anche taluni abusi rilevati, è stato
affermato, non possono oscurare la bontà e la
validità del rinnovamento liturgico, che contiene
ancora ricchezze non pienamente esplorate. Si tratta
in concreto di leggere i cambiamenti voluti dal
Concilio all'interno dell'unità che caratterizza lo
sviluppo storico del rito stesso, senza introdurre
artificiose rotture (6).
Il Sinodo dei Vescovi e l'Anno
dell'Eucaristia
4. È necessario inoltre sottolineare
il rapporto del recente Sinodo dei Vescovi
sull'Eucaristia con quanto è accaduto negli ultimi
anni nella vita della Chiesa. Innanzitutto, dobbiamo
ricollegarci idealmente al Grande Giubileo del 2000,
con il quale il mio amato Predecessore, il servo di
Dio Giovanni Paolo II, ha introdotto la Chiesa nel
terzo millennio cristiano. L'Anno Giubilare è stato
indubbiamente caratterizzato in senso fortemente
eucaristico. Non si può poi dimenticare che il
Sinodo dei Vescovi è stato preceduto, ed in un certo
senso anche preparato, dall'Anno
dell'Eucaristia, voluto con grande lungimiranza
da Giovanni Paolo II per tutta la Chiesa. Tale
periodo, iniziato con il
Congresso Eucaristico Internazionale a Guadalajara
nell'ottobre 2004, si è concluso il
23 Ottobre 2005, al termine della XI Assemblea
Sinodale, con la canonizzazione di cinque Beati, che
si sono particolarmente distinti per la pietà
eucaristica: il Vescovo Józef Bilczewski, i
presbiteri Gaetano Catanoso, Zygmunt Gorazdowski e
Alberto Hurtado Cruchaga, e il religioso cappuccino
Felice da Nicosia. Grazie agli insegnamenti proposti
da Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica
Mane nobiscum Domine (7) e ai preziosi
suggerimenti della Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti (8), sono state
numerose le iniziative che le diocesi e le diverse
realtà ecclesiali hanno intrapreso per risvegliare
ed accrescere nei credenti la fede eucaristica, per
migliorare la cura delle celebrazioni e promuovere
l'adorazione eucaristica, per incoraggiare una
fattiva solidarietà che partendo dall'Eucaristia
raggiungesse i bisognosi. Infine, è necessario
menzionare l'importanza dell'ultima Enciclica del
mio venerato Predecessore,
Ecclesia de Eucharistia (9), con la quale
egli ci ha lasciato un sicuro riferimento
magisteriale sulla dottrina eucaristica e un'ultima
testimonianza circa il posto centrale che questo
divino Sacramento occupava nella sua esistenza.
Scopo della presente
Esortazione
5. Questa Esortazione apostolica
postsinodale ha lo scopo di riprendere la multiforme
ricchezza di riflessioni e proposte emerse nella
recente
Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,
– a partire dai
Lineamenta fino alle Propositiones,
passando attraverso l'Instrumentum
laboris, le Relationes ante et post
disceptationem, gli interventi dei Padri
sinodali, degli auditores e dei delegati
fraterni –, nell'intento di esplicitare alcune
fondamentali linee di impegno, volte a destare nella
Chiesa nuovo impulso e fervore eucaristico.
Consapevoli del vasto patrimonio dottrinale e
disciplinare accumulato nel corso dei secoli intorno
a questo Sacramento (10), nel presente documento
desidero soprattutto raccomandare, accogliendo il
voto dei Padri sinodali (11), che il popolo
cristiano approfondisca la relazione tra il
Mistero eucaristico, l'azione liturgica e
il nuovo culto spirituale derivante
dall'Eucaristia, quale sacramento della carità.
In questa prospettiva intendo porre la presente
Esortazione in relazione con la mia prima Lettera
enciclica
Deus caritas est, nella quale ho parlato più
volte del sacramento dell'Eucaristia per
sottolineare il suo rapporto con l'amore cristiano,
sia in riferimento a Dio che al prossimo: « Il Dio
incarnato ci attrae tutti a sé. Da ciò si comprende
come agape sia ora diventata anche un nome
dell'Eucaristia: in essa l'agape di Dio viene
a noi corporalmente per continuare il suo operare in
noi e attraverso di noi » (12).
PRIMA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA CREDERE
« Questa è l'opera di Dio:
credere in colui
che egli ha mandato » (Gv 6,29)
La fede eucaristica della
Chiesa
6. « Mistero della fede! ».
Con questa espressione pronunciata immediatamente
dopo le parole della consacrazione, il sacerdote
proclama il mistero celebrato e manifesta il suo
stupore di fronte alla conversione sostanziale del
pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore
Gesù, una realtà che supera ogni comprensione umana.
In effetti, l'Eucaristia è per eccellenza « mistero
della fede »: « è il compendio e la somma della
nostra fede » (13). La fede della Chiesa è
essenzialmente fede eucaristica e si alimenta in
modo particolare alla mensa dell'Eucaristia. La fede
e i Sacramenti sono due aspetti complementari della
vita ecclesiale. Suscitata dall'annuncio della
Parola di Dio, la fede è nutrita e cresce
nell'incontro di grazia col Signore risorto che si
realizza nei Sacramenti: « La fede si esprime nel
rito e il rito rafforza e fortifica la fede » (14).
Per questo, il Sacramento dell'altare sta sempre al
centro della vita ecclesiale; « grazie
all'Eucaristia la Chiesa rinasce sempre di nuovo! »
(15). Quanto più viva è la fede eucaristica nel
Popolo di Dio, tanto più profonda è la sua
partecipazione alla vita ecclesiale mediante la
convinta adesione alla missione che Cristo ha
affidato ai suoi discepoli. Di ciò è testimone la
stessa storia della Chiesa. Ogni grande riforma è
legata, in qualche modo, alla riscoperta della fede
nella presenza eucaristica del Signore in mezzo al
suo popolo.
Santissima Trinità ed Eucaristia
Il pane disceso dal cielo
7. La prima realtà della fede
eucaristica è il mistero stesso di Dio, amore
trinitario. Nel dialogo di Gesù con Nicodemo,
troviamo un'espressione illuminante a questo
proposito: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il
suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui
non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha
mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo,
ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui » (Gv
3,16-17). Queste parole mostrano la radice
ultima del dono di Dio. Gesù nell'Eucaristia dà non
« qualche cosa » ma se stesso; egli offre il suo
corpo e versa il suo sangue. In tal modo dona la
totalità della propria esistenza, rivelando la fonte
originaria di questo amore. Egli è l'eterno Figlio
dato per noi dal Padre. Nel Vangelo ascoltiamo
ancora Gesù che, dopo aver sfamato la moltitudine
con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, ai suoi
interlocutori che lo avevano seguito fino alla
sinagoga di Cafarnao, dice: « Il Padre mio vi dà il
pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è colui
che discende dal cielo e dà la vita al mondo » (Gv
6,32-33), ed arriva ad identificare se stesso, la
propria carne e il proprio sangue, con quel pane: «
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno
mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che
io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv
6,51). Gesù si manifesta così come il pane della
vita, che l'eterno Padre dona agli uomini.
Dono gratuito della Santissima
Trinità
8. Nell'Eucaristia si rivela il
disegno di amore che guida tutta la storia della
salvezza (cfr Ef 1,10; 3,8-11). In essa il
Deus Trinitas, che in se stesso è amore (cfr
1 Gv 4,7-8), si coinvolge pienamente con la
nostra condizione umana. Nel pane e nel vino, sotto
le cui apparenze Cristo si dona a noi nella cena
pasquale (cfr Lc 22,14-20; 1 Cor
11,23- 26), è l'intera vita divina che ci raggiunge
e si partecipa a noi nella forma del Sacramento. Dio
è comunione perfetta di amore tra il Padre, il
Figlio e lo Spirito Santo. Già nella creazione
l'uomo è chiamato a condividere in qualche misura il
soffio vitale di Dio (cfr Gn 2,7). Ma è in
Cristo morto e risorto e nell'effusione dello
Spirito Santo, dato senza misura (cfr Gv
3,34), che siamo resi partecipi dell'intimità divina
(16). Gesù Cristo, dunque, che « con uno Spirito
eterno offrì se stesso senza macchia a Dio » (Eb
9,14), nel dono eucaristico ci comunica la stessa
vita divina. Si tratta di un dono assolutamente
gratuito, che risponde soltanto alle promesse di
Dio, compiute oltre ogni misura. La Chiesa accoglie,
celebra, adora questo dono in fedele obbedienza. Il
« mistero della fede » è mistero di amore
trinitario, al quale siamo per grazia chiamati a
partecipare. Anche noi dobbiamo pertanto esclamare
con sant'Agostino « Se vedi la carità, vedi la
Trinità » (17).
Eucaristia: Gesù vero Agnello immolato
La nuova ed eterna alleanza
nel sangue dell'Agnello
9. La missione per la quale Gesù è
venuto fra noi giunge a compimento nel Mistero
pasquale. Dall'alto della croce, dalla quale attira
tutti a sé (cfr Gv 12,32), prima di «
consegnare lo Spirito », Egli dice: « Tutto è
compiuto » (Gv 19,30). Nel mistero della sua
obbedienza fino alla morte, e alla morte di croce
(cfr Fil 2,8), si è compiuta la nuova ed
eterna alleanza. La libertà di Dio e la libertà
dell'uomo si sono definitivamente incontrate nella
sua carne crocifissa in un patto indissolubile,
valido per sempre. Anche il peccato dell'uomo è
stato espiato una volta per tutte dal Figlio di Dio
(cfr Eb 7,27; 1 Gv 2,2; 4,10). Come ho
già avuto modo di affermare, « nella sua morte in
croce si compie quel volgersi di Dio contro se
stesso nel quale Egli si dona per rialzare l'uomo e
salvarlo – amore, questo, nella sua forma più
radicale » (18). Nel Mistero pasquale si è
realizzata davvero la nostra liberazione dal male e
dalla morte. Nell'istituzione dell'Eucaristia Gesù
stesso aveva parlato della « nuova ed eterna
alleanza », stipulata nel suo sangue versato (cfr
Mt 26,28; Mc 14,24; Lc 22,20).
Questo scopo ultimo della sua missione era già ben
evidente all'inizio della sua vita pubblica.
Infatti, quando sulle rive del Giordano, Giovanni il
Battista vede Gesù venire verso di lui, esclama: «
Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie
il peccato del mondo » (Gv 1,29). È
significativo che la stessa espressione ricorra,
ogni volta che celebriamo la santa Messa,
nell'invito del sacerdote ad accostarsi all'altare:
« Beati gli invitati alla cena del Signore, ecco
l'agnello di Dio che toglie i peccati del mondo
». Gesù è il vero agnello pasquale che ha
offerto spontaneamente se stesso in sacrificio per
noi, realizzando così la nuova ed eterna alleanza.
L'Eucaristia contiene in sé questa radicale novità,
che si ripropone a noi in ogni celebrazione (19).
L'istituzione dell'Eucaristia
10. In tal modo siamo portati a
riflettere sull'istituzione dell'Eucaristia
nell'Ultima Cena. Ciò accadde nel contesto di una
cena rituale che costituiva il memoriale
dell'avvenimento fondante del popolo di Israele: la
liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. Questa cena
rituale, legata all'immolazione degli agnelli (cfr
Es 12,1-28.43-51), era memoria del passato
ma, nello stesso tempo, anche memoria profetica,
ossia annuncio di una liberazione futura. Infatti,
il popolo aveva sperimentato che quella liberazione
non era stata definitiva, poiché la sua storia era
ancora troppo segnata dalla schiavitù e dal peccato.
Il memoriale dell'antica liberazione si apriva così
alla domanda e all'attesa di una salvezza più
profonda, radicale, universale e definitiva. È in
questo contesto che Gesù introduce la novità del suo
dono. Nella preghiera di lode, la Berakah,
Egli ringrazia il Padre non solo per i grandi eventi
della storia passata, ma anche per la propria «
esaltazione ». Istituendo il sacramento
dell'Eucaristia, Gesù anticipa ed implica il
Sacrificio della croce e la vittoria della
risurrezione. Al tempo stesso, Egli si rivela come
il vero agnello immolato, previsto nel
disegno del Padre fin dalla fondazione del mondo,
come si legge nella Prima Lettera di Pietro (cfr
1,18-20). Collocando in questo contesto il suo dono,
Gesù manifesta il senso salvifico della sua morte e
risurrezione, mistero che diviene realtà
rinnovatrice della storia e del cosmo intero.
L'istituzione dell'Eucaristia mostra, infatti, come
quella morte, di per sé violenta ed assurda, sia
diventata in Gesù supremo atto di amore e definitiva
liberazione dell'umanità dal male.
Figura transit in veritatem
11. In questo modo Gesù inserisce il
suo novum radicale all'interno dell'antica
cena sacrificale ebraica. Quella cena per noi
cristiani non è più necessario ripeterla. Come
giustamente dicono i Padri, figura transit in
veritatem: ciò che annunciava le realtà future
ha ora lasciato il posto alla verità stessa.
L'antico rito si è compiuto ed è stato superato
definitivamente attraverso il dono d'amore del
Figlio di Dio incarnato. Il cibo della verità,
Cristo immolato per noi, dat ... figuris terminum
(20). Con il comando « Fate questo in memoria di
me » (Lc 22,19; 1 Cor 11,25), Egli
ci chiede di corrispondere al suo dono e di
rappresentarlo sacramentalmente. Con queste parole,
pertanto, il Signore esprime, per così dire,
l'attesa che la sua Chiesa, nata dal suo sacrificio,
accolga questo dono, sviluppando sotto la guida
dello Spirito Santo la forma liturgica del
Sacramento. Il memoriale del suo dono perfetto,
infatti, non consiste nella semplice ripetizione
dell'Ultima Cena, ma propriamente nell'Eucaristia,
ossia nella novità radicale del culto cristiano.
Gesù ci ha così lasciato il compito di entrare nella
sua « ora »: « L'Eucaristia ci attira nell'atto
oblativo di Gesù. Noi non riceviamo soltanto in modo
statico il Logos incarnato, ma veniamo
coinvolti nella dinamica della sua donazione » (21).
Egli « ci attira dentro di sé » (22). La conversione
sostanziale del pane e del vino nel suo corpo e nel
suo sangue pone dentro la creazione il principio di
un cambiamento radicale, come una sorta di «
fissione nucleare », per usare un'immagine a noi
oggi ben nota, portata nel più intimo dell'essere,
un cambiamento destinato a suscitare un processo di
trasformazione della realtà, il cui termine ultimo
sarà la trasfigurazione del mondo intero, fino a
quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti
(cfr 1 Cor 15,28).
Lo Spirito
Santo e l' Eucaristia
Gesù e lo Spirito Santo
12. Con la sua parola e con il pane
ed il vino il Signore stesso ci ha offerto gli
elementi essenziali del culto nuovo. La Chiesa, sua
Sposa, è chiamata a celebrare il convito eucaristico
giorno dopo giorno in memoria di Lui. Essa inscrive
così il sacrificio redentore del suo Sposo nella
storia degli uomini e lo rende presente
sacramentalmente in tutte le culture. Questo grande
mistero viene celebrato nelle forme liturgiche che
la Chiesa, guidata dallo Spirito Santo, sviluppa nel
tempo e nello spazio (23). A tale proposito è
necessario risvegliare in noi la consapevolezza del
ruolo decisivo esercitato dallo Spirito Santo nello
sviluppo della forma liturgica e
nell'approfondimento dei divini misteri. Il
Paraclito, primo dono ai credenti (24), operante già
nella creazione (cfr Gn 1,2), è pienamente
presente in tutta l'esistenza del Verbo incarnato:
Gesù Cristo, infatti, è concepito dalla Vergine
Maria per opera dello Spirito Santo (cfr Mt
1,18; Lc 1,35); all'inizio della sua missione
pubblica, sulle rive del Giordano, lo vede scendere
su di sé in forma di colomba (cfr Mt 3,16 e
par); in questo stesso Spirito agisce, parla ed
esulta (cfr Lc 10,21); ed è in Lui che egli
può offrire se stesso (cfr Eb 9,14). Nei
cosiddetti « discorsi di addio », riportati da
Giovanni, Gesù mette in chiara relazione il dono
della sua vita nel mistero pasquale con il dono
dello Spirito ai suoi (cfr Gv 16,7). Una
volta risorto, portando nella sua carne i segni
della passione, Egli può effondere lo Spirito (cfr
Gv 20,22), rendendo i suoi partecipi della sua
stessa missione (cfr Gv 20,21). Sarà poi lo
Spirito ad insegnare ai discepoli ogni cosa e a
ricordare loro tutto ciò che Cristo ha detto (cfr
Gv 14,26), perché spetta a Lui, in quanto
Spirito di verità (cfr Gv 15,26), introdurre
i discepoli alla verità tutta intera (cfr Gv
16,13). Nel racconto degli Atti lo Spirito
discende sugli Apostoli radunati in preghiera con
Maria nel giorno di Pentecoste (cfr 2,1-4), e li
anima alla missione di annunciare a tutti i popoli
la buona novella. Pertanto, è in forza dell'azione
dello Spirito che Cristo stesso rimane presente ed
operante nella sua Chiesa, a partire dal suo centro
vitale che è l'Eucaristia.
Spirito Santo e Celebrazione
eucaristica
13. In questo orizzonte si comprende
il ruolo decisivo dello Spirito Santo nella
Celebrazione eucaristica ed in particolare in
riferimento alla transustanziazione. La
consapevolezza di ciò è ben documentabile nei Padri
della Chiesa. San Cirillo di Gerusalemme, nelle sue
Catechesi, ricorda che noi « invochiamo Dio
misericordioso di inviare il suo Santo Spirito sulle
oblate che ci stanno dinanzi, affinché Egli
trasformi il pane in corpo di Cristo e il vino in
sangue di Cristo. Ciò che lo Spirito Santo tocca è
santificato e trasformato totalmente ».(25) Anche
san Giovanni Crisostomo rileva che il sacerdote
invoca lo Spirito Santo quando celebra il
Sacrificio: (26) come Elia, il ministro – egli dice
– attira lo Spirito Santo affinché « discendendo la
grazia sulla vittima si accendano per mezzo di essa
le anime di tutti ».(27) È quanto mai necessaria per
la vita spirituale dei fedeli una coscienza più
chiara della ricchezza dell'anafora: insieme alle
parole pronunciate da Cristo nell'Ultima Cena, essa
contiene l'epiclesi, quale invocazione al Padre
perché faccia discendere il dono dello Spirito
affinché il pane e il vino diventino il corpo ed il
sangue di Gesù Cristo e perché « la comunità tutta
intera diventi sempre più corpo di Cristo ».(28) Lo
Spirito, invocato dal celebrante sui doni del pane e
del vino posti sull'altare, è il medesimo che
riunisce i fedeli « in un solo corpo », rendendoli
un'offerta spirituale gradita al Padre.(29)
Eucaristia e Chiesa
Eucaristia principio causale
della Chiesa
14. Attraverso il Sacramento
eucaristico Gesù coinvolge i fedeli nella sua stessa
« ora »; in tal modo Egli ci mostra il legame che ha
voluto tra sé e noi, tra la sua persona e la Chiesa.
Infatti, Cristo stesso nel sacrificio della croce ha
generato la Chiesa come sua sposa e suo corpo. I
Padri della Chiesa hanno lungamente meditato sulla
relazione tra l'origine di Eva dal fianco di Adamo
dormiente (cfr Gn 2,21-23) e della nuova Eva,
la Chiesa, dal fianco aperto di Cristo, immerso nel
sonno della morte: dal costato trafitto, racconta
Giovanni, uscì sangue ed acqua (cfr Gv
19,34), simbolo dei sacramenti.(30) Uno sguardo
contemplativo « a colui che hanno trafitto » (Gv
19,37) ci porta a considerare il legame causale tra
il sacrificio di Cristo, l'Eucaristia e la Chiesa.
La Chiesa, in effetti, « vive dell'Eucaristia ».(31)
Poiché in essa si rende presente il sacrificio
redentore di Cristo, si deve innanzitutto
riconoscere che « c'è un influsso causale
dell'Eucaristia alle origini stesse della Chiesa
».(32) L'Eucaristia è Cristo che si dona a noi,
edificandoci continuamente come suo corpo. Pertanto,
nella suggestiva circolarità tra Eucaristia che
edifica la Chiesa e Chiesa stessa che fa
l'Eucaristia,(33) la causalità primaria è quella
espressa nella prima formula: la Chiesa può
celebrare e adorare il mistero di Cristo presente
nell'Eucaristia proprio perché Cristo stesso si è
donato per primo ad essa nel sacrificio della Croce.
La possibilità per la Chiesa di « fare »
l'Eucaristia è tutta radicata nella donazione che
Cristo le ha fatto di se stesso. Anche qui scopriamo
un aspetto convincente della formula di san
Giovanni: « Egli ci ha amati per primo » (1 Gv
4,19). Così anche noi in ogni celebrazione
confessiamo il primato del dono di Cristo.
L'influsso causale dell'Eucaristia all'origine della
Chiesa rivela in definitiva la precedenza non solo
cronologica ma anche ontologica del suo averci amati
« per primo ». Egli è per l'eternità colui che ci
ama per primo.
Eucaristia e comunione
ecclesiale
15. L'Eucaristia, dunque, è
costitutiva dell'essere e dell'agire della Chiesa.
Per questo l'antichità cristiana designava con le
stesse parole Corpus Christi il Corpo nato
dalla Vergine Maria, il Corpo eucaristico e il Corpo
ecclesiale di Cristo.(34) Questo dato ben presente
nella tradizione ci aiuta ad accrescere in noi la
consapevolezza dell'inseparabilità tra Cristo e la
Chiesa. Il Signore Gesù, offrendo se stesso in
sacrificio per noi, ha efficacemente preannunciato
nel suo dono il mistero della Chiesa. È
significativo che la seconda preghiera eucaristica,
invocando il Paraclito, formuli in questo modo la
preghiera per l'unità della Chiesa: « per la
comunione al corpo e al sangue di Cristo lo Spirito
Santo ci riunisca in un solo corpo ». Questo
passaggio fa ben comprendere come la res del
Sacramento eucaristico sia l'unità dei fedeli nella
comunione ecclesiale. L'Eucaristia si mostra così
alla radice della Chiesa come mistero di
comunione.(35)
Sulla relazione tra Eucaristia e
communio aveva già attirato l'attenzione il
servo di Dio Giovanni Paolo II nella sua Enciclica
Ecclesia de Eucharistia. Egli ha parlato del
memoriale di Cristo come della « suprema
manifestazione sacramentale della comunione nella
Chiesa ».(36) L'unità della comunione ecclesiale si
rivela concretamente nelle comunità cristiane e si
rinnova nell'atto eucaristico che le unisce e le
differenzia in Chiese particolari, « in quibus et
ex quibus una et unica Ecclesia catholica exsistit
».(37) Proprio la realtà dell'unica Eucaristia che
viene celebrata in ogni Diocesi intorno al proprio
Vescovo ci fa comprendere come le stesse Chiese
particolari sussistano in e ex Ecclesia.
Infatti, « l'unicità e indivisibilità del Corpo
eucaristico del Signore implica l'unicità del suo
Corpo mistico, che è la Chiesa una ed indivisibile.
Dal centro eucaristico sorge la necessaria apertura
di ogni comunità celebrante, di ogni Chiesa
particolare: attratta tra le braccia aperte del
Signore, essa viene inserita nel suo Corpo, unico ed
indiviso ».(38) Per questo motivo nella celebrazione
dell'Eucaristia, ogni fedele si trova nella sua
Chiesa, cioè nella Chiesa di Cristo. In questa
prospettiva eucaristica, adeguatamente compresa, la
comunione ecclesiale si rivela realtà per natura sua
cattolica.(39) Sottolineare questa radice
eucaristica della comunione ecclesiale può
contribuire efficacemente anche al dialogo ecumenico
con le Chiese e con le Comunità ecclesiali non in
piena comunione con la Sede di Pietro. Infatti,
l'Eucaristia stabilisce obiettivamente un forte
legame di unità tra la Chiesa cattolica e le Chiese
ortodosse, che hanno conservato la genuina e integra
natura del mistero dell'Eucaristia. Al tempo stesso,
il rilievo dato al carattere ecclesiale
dell'Eucaristia può diventare elemento privilegiato
nel dialogo anche con le Comunità nate dalla
Riforma.(40)
Eucaristia e
Sacramenti
Sacramentalità della Chiesa
16. Il
Concilio Vaticano II ha ricordato che « tutti i
Sacramenti, come pure tutti i ministeri
ecclesiastici e le opere d'apostolato, sono
strettamente uniti alla sacra Eucaristia e ad essa
sono ordinati. Infatti, nella santissima Eucaristia
è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa,
cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo
che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito
Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali
sono in tal modo invitati e indotti a offrire
assieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte
le cose create ».(41) Questa relazione intima
dell'Eucaristia con tutti gli altri Sacramenti e con
l'esistenza cristiana è compresa nella sua radice
quando si contempla il mistero della Chiesa stessa
come sacramento.(42) A questo proposito il
Concilio Vaticano II ha affermato che « la
Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento,
ossia il segno e lo strumento dell'intima unione con
Dio e dell'unità di tutto il genere umano ».(43)
Essa, in quanto « popolo – come dice san Cipriano –
adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello
Spirito Santo »,(44) è sacramento della comunione
trinitaria.
Il fatto che la Chiesa sia «
sacramento universale di salvezza »(45) mostra come
l'« economia » sacramentale determini ultimamente il
modo in cui Cristo, unico Salvatore, mediante lo
Spirito raggiunge la nostra esistenza nella
specificità delle sue circostanze. La Chiesa si
riceve e insieme si esprime nei sette
Sacramenti, attraverso i quali la grazia di Dio
influenza concretamente l'esistenza dei fedeli
affinché tutta la vita, redenta da Cristo, diventi
culto gradito a Dio. In questa prospettiva desidero
qui sottolineare alcuni elementi, messi in evidenza
dai Padri sinodali, che possono aiutare a cogliere
la relazione di tutti i Sacramenti con il Mistero
eucaristico.
I. Eucaristia e iniziazione
cristiana
Eucaristia, pienezza
dell'iniziazione cristiana
17. Se davvero l'Eucaristia è fonte
e culmine della vita e della missione della Chiesa,
ne consegue innanzitutto che il cammino di
iniziazione cristiana ha come suo punto di
riferimento la possibilità di accedere a tale
sacramento. A questo proposito, come hanno detto i
Padri sinodali, dobbiamo chiederci se nelle nostre
comunità cristiane sia sufficientemente percepito lo
stretto legame tra Battesimo, Confermazione ed
Eucaristia.(46) Non bisogna mai dimenticare,
infatti, che veniamo battezzati e cresimati in
ordine all'Eucaristia. Tale dato implica l'impegno
di favorire nella prassi pastorale una comprensione
più unitaria del percorso di iniziazione cristiana.
Il sacramento del Battesimo, con il quale siamo resi
conformi a Cristo,(47) incorporati nella Chiesa e
resi figli di Dio, costituisce la porta di accesso a
tutti i Sacramenti. Con esso veniamo inseriti
nell'unico Corpo di Cristo (cfr 1 Cor 12,13),
popolo sacerdotale. Tuttavia è la partecipazione al
Sacrificio eucaristico a perfezionare in noi quanto
ci è donato nel Battesimo. Anche i doni dello
Spirito sono dati per l'edificazione del Corpo di
Cristo (1 Cor 12) e per la maggiore
testimonianza evangelica nel mondo.(48) Pertanto la
santissima Eucaristia porta a pienezza l'iniziazione
cristiana e si pone come centro e fine di tutta la
vita sacramentale.(49)
L'ordine dei Sacramenti
dell'iniziazione
18. A questo riguardo è necessario
porre attenzione al tema dell'ordine dei Sacramenti
dell'iniziazione. Nella Chiesa vi sono tradizioni
differenti. Tale diversità si manifesta con evidenza
nelle consuetudini ecclesiali dell'Oriente,(50) e
nella stessa prassi occidentale per quanto concerne
l'iniziazione degli adulti,(51) rispetto a quella
dei bambini.(52) Tuttavia tali differenziazioni non
sono propriamente di ordine dogmatico, ma di
carattere pastorale. Concretamente, è necessario
verificare quale prassi possa in effetti aiutare
meglio i fedeli a mettere al centro il sacramento
dell'Eucaristia, come realtà cui tutta l'iniziazione
tende. In stretta collaborazione con i competenti
Dicasteri della Curia Romana le Conferenze
Episcopali verifichino l'efficacia degli attuali
percorsi di iniziazione, affinché il cristiano
dall'azione educativa delle nostre comunità sia
aiutato a maturare sempre di più, giungendo ad
assumere nella sua vita un'impostazione
autenticamente eucaristica, così da essere in grado
di dare ragione della propria speranza in modo
adeguato per il nostro tempo (cfr 1Pt 3,15).
Iniziazione, comunità
ecclesiale e famiglia
19. Occorre tenere sempre presente
che l'intera iniziazione cristiana è cammino di
conversione da compiere con l'aiuto di Dio ed in
costante riferimento alla comunità ecclesiale, sia
quando è l'adulto a chiedere di entrare nella
Chiesa, come avviene nei luoghi di prima
evangelizzazione e in tante zone secolarizzate,
oppure quando i genitori chiedono i Sacramenti per i
loro figli. A questo proposito, desidero portare
l'attenzione soprattutto sul rapporto tra
iniziazione cristiana e famiglia. Nell'opera
pastorale si deve associare sempre la famiglia
cristiana all'itinerario di iniziazione. Ricevere il
Battesimo, la Cresima ed accostarsi per la prima
volta all'Eucaristia sono momenti decisivi non solo
per la persona che li riceve ma anche per l'intera
famiglia, la quale deve essere sostenuta nel suo
compito educativo dalla comunità ecclesiale, nelle
sue varie componenti.(53) Qui vorrei sottolineare la
rilevanza della prima Comunione. In tantissimi
fedeli questo giorno rimane giustamente impresso
nella memoria come il primo momento in cui, seppur
ancora in modo iniziale, si è percepita l'importanza
dell'incontro personale con Gesù. La pastorale
parrocchiale deve valorizzare adeguatamente questa
occasione così significativa.
II. Eucaristia e sacramento della
Riconciliazione
Loro nesso intrinseco
20. Giustamente, i Padri sinodali
hanno affermato che l'amore all'Eucaristia porta ad
apprezzare sempre più anche il sacramento della
Riconciliazione (54). A causa del legame tra questi
sacramenti, un'autentica catechesi riguardo al senso
dell'Eucaristia non può essere disgiunta dalla
proposta di un cammino penitenziale (cfr 1 Cor
11,27-29). Certo, constatiamo come nel nostro
tempo i fedeli si trovino immersi in una cultura che
tende a cancellare il senso del peccato (55),
favorendo un atteggiamento superficiale, che porta a
dimenticare la necessità di essere in grazia di Dio
per accostarsi degnamente alla comunione
sacramentale (56). In realtà, perdere la coscienza
del peccato comporta sempre anche una certa
superficialità nell'intendere l'amore stesso di Dio.
Giova molto ai fedeli richiamare quegli elementi
che, all'interno del rito della santa Messa,
esplicitano la coscienza del proprio peccato e,
contemporaneamente, della misericordia di Dio (57).
Inoltre, la relazione tra Eucaristia e
Riconciliazione ci ricorda che il peccato non è mai
una realtà esclusivamente individuale; esso comporta
sempre anche una ferita all'interno della comunione
ecclesiale, nella quale siamo inseriti grazie al
Battesimo. Per questo la Riconciliazione, come
dicevano i Padri della Chiesa, è laboriosus
quidam baptismus,(58) sottolineando in tal modo
che l'esito del cammino di conversione è anche il
ristabilimento della piena comunione ecclesiale, che
si esprime nel riaccostarsi all'Eucaristia.(59)
Alcune attenzioni pastorali
21. Il Sinodo ha ricordato che è
compito pastorale del Vescovo promuovere nella
propria Diocesi un deciso recupero della pedagogia
della conversione che nasce dalla Eucaristia e
favorire tra i fedeli la confessione frequente.
Tutti i sacerdoti si dedichino con generosità,
impegno e competenza all'amministrazione del
sacramento della Riconciliazione.(60) A questo
proposito si deve fare attenzione a che i
confessionali nelle nostre chiese siano ben visibili
ed espressivi del significato di questo Sacramento.
Chiedo ai Pastori di vigilare attentamente sulla
celebrazione del sacramento della Riconciliazione,
limitando la prassi dell'assoluzione generale
esclusivamente ai casi previsti,(61) essendo solo
quella personale la forma ordinaria.(62) Di fronte
alla necessità di riscoprire il perdono
sacramentale, in tutte le Diocesi vi sia sempre
il Penitenziere.(63) Infine, alla nuova presa di
coscienza della relazione tra Eucaristia e
Riconciliazione può essere di valido aiuto una
equilibrata ed approfondita prassi dell'indulgenza,
lucrata per sé o per i defunti. Con essa si ottiene
« la remissione davanti a Dio della pena temporale
per i peccati, già rimessi quanto
alla colpa ».(64) L'uso delle indulgenze ci aiuta a
comprendere che con le nostre sole forze non saremmo
capaci di riparare al male compiuto e che i peccati
di ciascuno recano danno a tutta la comunità;
inoltre, la pratica dell'indulgenza, implicando
oltre alla dottrina degli infiniti meriti di Cristo
anche quella della comunione dei santi, ci dice «
quanto intimamente siamo uniti in Cristo gli uni con
gli altri e quanto la vita soprannaturale di
ciascuno possa giovare agli altri ».(65) Poiché la
sua stessa forma prevede, tra le condizioni,
l'accostarsi alla confessione e alla comunione
sacramentale, la sua pratica può sostenere
efficacemente i fedeli nel cammino di conversione e
nella scoperta della centralità dell'Eucaristia
nella vita cristiana.
III. Eucaristia e Unzione degli
infermi
22. Gesù non ha soltanto inviato i
suoi discepoli a curare gli infermi (cfr Mt
10,8; Lc 9,2; 10,9), ma ha anche istituito
per loro uno specifico sacramento: l'Unzione degli
infermi.(66) La Lettera di Giacomo ci attesta
la presenza di questo gesto sacramentale già nella
prima comunità cristiana (cfr 5,14-16). Se
l'Eucaristia mostra come le sofferenze e la morte di
Cristo siano state trasformate in amore, l'Unzione
degli infermi, da parte sua, associa il sofferente
all'offerta che Cristo ha fatto di sé per la
salvezza di tutti, così che anch'egli possa, nel
mistero della comunione dei santi, partecipare alla
redenzione del mondo. La relazione tra questi
Sacramenti si manifesta, inoltre, di fronte
all'aggravarsi della malattia: « A coloro che stanno
per lasciare questa vita, la Chiesa offre, oltre
all'Unzione degli infermi, l'Eucaristia come viatico
».(67) Nel passaggio al Padre, la comunione al Corpo
e al Sangue di Cristo si manifesta come seme di vita
eterna e potenza di risurrezione: « Chi mangia la
mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e
io lo risusciterò nell'ultimo giorno » (Gv
6,54). Poiché il Santo Viatico schiude all'infermo
la pienezza del mistero pasquale, è necessario
assicurarne la pratica.(68) L'attenzione e la cura
pastorale verso coloro che si trovano nella malattia
ridonda sicuramente a vantaggio spirituale di tutta
la comunità, sapendo che quanto avremo fatto al più
piccolo lo avremo fatto a Gesù stesso (cfr Mt
25,40).
IV. Eucaristia e sacramento
dell'Ordine
In persona Christi capitis
23. Il nesso intrinseco fra
Eucaristia e sacramento dell'Ordine risulta dalle
parole stesse di Gesù nel Cenacolo: « Fate questo in
memoria di me » (Lc 22,19). Gesù, infatti,
alla vigilia della sua morte, ha istituito
l'Eucaristia e fondato allo stesso tempo il
sacerdozio della Nuova Alleanza. Egli è
sacerdote, vittima ed altare: mediatore tra Dio
Padre ed il popolo (cfr Eb 5,5-10), vittima
di espiazione (cfr 1 Gv 2,2; 4,10) che offre
se stessa sull'altare della croce. Nessuno può dire
« questo è il mio corpo » e « questo è il calice del
mio sangue » se non nel nome e nella persona di
Cristo, unico sommo sacerdote della nuova ed eterna
Alleanza (cfr Eb 8-9). Il Sinodo dei Vescovi
già in altre assemblee aveva messo a tema il
Sacerdozio ordinato, sia per quanto riguarda
l'identità del ministero(69) sia per la formazione
dei candidati.(70) In questa circostanza, alla luce
del dialogo avvenuto all'interno dell'ultima
Assemblea sinodale, mi preme richiamare alcuni
valori relativi al rapporto tra Sacramento
eucaristico e Ordine. Innanzitutto è necessario
ribadire che il legame tra l'Ordine sacro e
l'Eucaristia è visibile proprio nella Messa
presieduta dal Vescovo o dal presbitero in
persona di Cristo capo.
La dottrina della Chiesa fa
dell'ordinazione sacerdotale la condizione
imprescindibile per la celebrazione valida
dell'Eucaristia.(71) Infatti, « nel servizio
ecclesiale del ministro ordinato è Cristo stesso che
è presente alla sua Chiesa, in quanto Capo del suo
corpo, Pastore del suo gregge, Sommo Sacerdote del
sacrificio redentore ».(72) Certamente il ministro
ordinato « agisce anche a nome di tutta la Chiesa
allorché presenta a Dio la preghiera della Chiesa e
soprattutto quando offre il sacrificio eucaristico
».(73) È necessario, pertanto, che i sacerdoti
abbiano coscienza che tutto il loro ministero non
deve mai mettere in primo piano loro stessi o le
loro opinioni, ma Gesù Cristo. Contraddice
l'identità sacerdotale ogni tentativo di porre se
stessi come protagonisti dell'azione liturgica. Il
sacerdote è più che mai servo e deve impegnarsi
continuamente ad essere segno che, come strumento
docile nelle mani di Cristo, rimanda a Lui. Ciò si
esprime particolarmente nell'umiltà con la quale il
sacerdote guida l'azione liturgica, in obbedienza al
rito, corrispondendovi con il cuore e la mente,
evitando tutto ciò che possa dare la sensazione di
un proprio inopportuno protagonismo. Raccomando,
pertanto, al clero di approfondire sempre la
coscienza del proprio ministero eucaristico come
umile servizio a Cristo e alla sua Chiesa. Il
sacerdozio, come diceva sant'Agostino, è amoris
officium,(74) è l'ufficio del buon pastore, che
offre la vita per le pecore (cfr Gv
10,14-15).
Eucaristia e celibato
sacerdotale
24. I Padri sinodali hanno voluto
sottolineare che il sacerdozio ministeriale
richiede, attraverso l'Ordinazione, la piena
configurazione a Cristo. Pur nel rispetto della
differente prassi e tradizione orientale, è
necessario ribadire il senso profondo del celibato
sacerdotale, ritenuto giustamente una ricchezza
inestimabile, e confermato anche dalla prassi
orientale di scegliere i Vescovi solo tra coloro che
vivono nel celibato e che tiene in grande onore la
scelta del celibato operata da numerosi presbiteri.
In tale scelta del sacerdote, infatti, trovano
peculiare espressione la dedizione che lo conforma a
Cristo e l'offerta esclusiva di se stesso per il
Regno di Dio.(75) Il fatto che Cristo stesso,
sacerdote in eterno, abbia vissuto la sua missione
fino al sacrificio della croce nello stato di
verginità costituisce il punto di riferimento sicuro
per cogliere il senso della tradizione della Chiesa
latina a questo proposito. Pertanto, non è
sufficiente comprendere il celibato sacerdotale in
termini meramente funzionali. In realtà, esso
rappresenta una speciale conformazione allo stile di
vita di Cristo stesso. Tale scelta è innanzitutto
sponsale; è immedesimazione con il cuore di Cristo
Sposo che dà la vita per la sua Sposa. In unità con
la grande tradizione ecclesiale, con il
Concilio Vaticano II (76) e con i
Sommi Pontefici miei predecessori (77),
ribadisco la bellezza e l'importanza di una vita
sacerdotale vissuta nel celibato come segno
espressivo della dedizione totale ed esclusiva a
Cristo, alla Chiesa e al Regno di Dio, e ne confermo
quindi l'obbligatorietà per la tradizione latina. Il
celibato sacerdotale vissuto con maturità, letizia e
dedizione è una grandissima benedizione per la
Chiesa e per la stessa società.
Scarsità di clero e pastorale
vocazionale
25. A proposito del legame tra
sacramento dell'Ordine ed Eucaristia, il Sinodo si è
soffermato sulla situazione di disagio che si viene
a creare in diverse Diocesi quando ci si trova a
dover fare i conti con la scarsità di sacerdoti. Ciò
accade non solo in alcune zone di prima
evangelizzazione, ma anche in molti Paesi di lunga
tradizione cristiana. Certamente giova alla
soluzione del problema una più equa distribuzione
del clero. Occorre dunque un lavoro di
sensibilizzazione capillare. I Vescovi coinvolgano
nelle necessità pastorali gli Istituti di Vita
Consacrata e le nuove realtà ecclesiali, nel
rispetto del carisma loro proprio, e sollecitino
tutti i membri del clero a una più grande
disponibilità per servire la Chiesa là dove ve ne
sia bisogno, anche a costo di sacrificio.(78)
Inoltre, all'interno del Sinodo si è anche discusso
sulle attenzioni pastorali da mettere in atto per
favorire, soprattutto nei giovani, l'apertura
interiore alla vocazione sacerdotale. Tale
situazione non può trovare soluzione in semplici
accorgimenti pragmatici. Si deve evitare che i
Vescovi, spinti da pur comprensibili preoccupazioni
funzionali per la mancanza di clero, non svolgano un
adeguato discernimento vocazionale e ammettano alla
formazione specifica e all'ordinazione candidati che
non possiedono le caratteristiche necessarie per il
servizio sacerdotale.(79) Un clero non
sufficientemente formato, ammesso all'ordinazione
senza il doveroso discernimento, difficilmente potrà
offrire una testimonianza atta a suscitare in altri
il desiderio di corrispondere con generosità alla
chiamata di Cristo. La pastorale vocazionale, in
realtà, deve coinvolgere tutta la comunità cristiana
in ogni suo ambito.(80) Ovviamente, in questo
capillare lavoro pastorale è inclusa anche l'opera
di sensibilizzazione delle famiglie, spesso
indifferenti se non addirittura contrarie
all'ipotesi della vocazione sacerdotale. Si aprano
con generosità al dono della vita ed educhino i
figli ad essere disponibili alla volontà di Dio. In
sintesi, occorre soprattutto avere il coraggio di
proporre ai giovani la radicalità della sequela di
Cristo mostrandone il fascino.
Gratitudine e speranza
26. Infine, è necessario avere
maggiore fede e speranza nella iniziativa divina.
Anche se in alcune regioni si registra scarsità di
clero, non deve mai venire meno la fiducia che
Cristo continui a suscitare uomini, i quali,
abbandonata ogni altra occupazione, si dedichino
totalmente alla celebrazione dei sacri misteri, alla
predicazione del Vangelo e al ministero pastorale.
In questa circostanza desidero dare voce alla
gratitudine della Chiesa intera per tutti i Vescovi
e i presbiteri, che svolgono con fedele dedizione ed
impegno la propria missione. Naturalmente il
ringraziamento della Chiesa va anche ai diaconi, cui
sono imposte le mani « non per il sacerdozio ma per
il servizio ».(81) Come ha raccomandato l'Assemblea
del Sinodo, uno speciale grazie rivolgo ai
presbiteri fidei donum, che con competenza e
generosa dedizione edificano la comunità
annunciandole la Parola di Dio e spezzando il Pane
della vita, senza risparmiare energie nel servizio
alla missione della Chiesa.(82) Occorre ringraziare
Dio per i tanti sacerdoti che hanno sofferto fino al
sacrificio della vita per servire Cristo. In essi si
rivela con l'eloquenza dei fatti che cosa significhi
essere sacerdote sino in fondo. Si tratta di
testimonianze commoventi che possono ispirare tanti
giovani a seguire a loro volta Cristo ed a spendere
la loro vita per gli altri, trovando proprio così la
vita vera.
V. Eucaristia e Matrimonio
Eucaristia, sacramento
sponsale
27. L'Eucaristia, sacramento della
carità, mostra un particolare rapporto con l'amore
tra l'uomo e la donna, uniti in matrimonio.
Approfondire questo legame è una necessità propria
del nostro tempo.(83) Il Papa Giovanni Paolo II ha
avuto più volte l'occasione di affermare il
carattere sponsale dell'Eucaristia ed il suo
rapporto peculiare con il sacramento del Matrimonio:
« L'Eucaristia è il sacramento della nostra
redenzione. È il sacramento dello Sposo, della Sposa
».(84) Del resto, « tutta la vita cristiana porta il
segno dell'amore sponsale di Cristo e della Chiesa.
Già il Battesimo, che introduce nel Popolo di Dio, è
un mistero nuziale: è per così dire il lavacro delle
nozze che precede il banchetto delle nozze,
l'Eucaristia ».(85) L'Eucaristia corrobora in modo
inesauribile l'unità e l'amore indissolubili di ogni
Matrimonio cristiano. In esso, in forza del
sacramento, il vincolo coniugale è intrinsecamente
connesso all'unità eucaristica tra Cristo sposo e la
Chiesa sposa (cfr Ef 5,31-32). Il reciproco
consenso che marito e moglie si scambiano in Cristo,
e che li costituisce in comunità di vita e di amore,
ha anch'esso una dimensione eucaristica. Infatti,
nella teologia paolina, l'amore sponsale è segno
sacramentale dell'amore di Cristo per la sua Chiesa,
un amore che ha il suo punto culminante nella Croce,
espressione delle sue « nozze » con l'umanità e, al
contempo, origine e centro dell'Eucaristia. Per
questo la Chiesa manifesta una particolare vicinanza
spirituale a tutti coloro che hanno fondato la loro
famiglia sul sacramento del Matrimonio.(86) La
famiglia – chiesa domestica(87) – è un ambito
primario della vita della Chiesa, specialmente per
il ruolo decisivo nei confronti dell'educazione
cristiana dei figli.(88) In questo contesto il
Sinodo ha raccomandato anche di riconoscere la
singolare missione della donna nella famiglia e
nella società, una missione che va difesa,
salvaguardata e promossa.(89) Il suo essere sposa e
madre costituisce una realtà imprescindibile che non
deve mai essere svilita.
Eucaristia e unicità del
matrimonio
28. È propriamente alla luce di
questa relazione intrinseca tra matrimonio, famiglia
ed Eucaristia che è possibile considerare alcuni
problemi pastorali. Il legame fedele, indissolubile
ed esclusivo che unisce Cristo e la Chiesa, e che
trova espressione sacramentale nell'Eucaristia, si
incontra con il dato antropologico originario per
cui l'uomo deve essere unito in modo definitivo ad
una sola donna e viceversa (cfr Gn 2,24;
Mt 19,5). In questo orizzonte di pensieri, il
Sinodo dei Vescovi ha affrontato il tema della
prassi pastorale nei confronti di chi incontra
l'annuncio del Vangelo provenendo da culture in cui
è praticata la poligamia. Coloro che si trovano in
una tale situazione e che si aprono alla fede
cristiana devono essere aiutati ad integrare il loro
progetto umano nella novità radicale di Cristo. Nel
percorso di catecumenato, Cristo li raggiunge nella
loro condizione specifica e li chiama alla piena
verità dell'amore passando attraverso le rinunce
necessarie, in vista della comunione ecclesiale
perfetta. La Chiesa li accompagna con una pastorale
piena di dolcezza e insieme di fermezza,(90)
soprattutto mostrando loro la luce che dai misteri
cristiani si riverbera sulla natura e sugli affetti
umani.
Eucaristia e indissolubilità
del matrimonio
29. Se l'Eucaristia esprime
l'irreversibilità dell'amore di Dio in Cristo per la
sua Chiesa, si comprende perché essa implichi, in
relazione al sacramento del Matrimonio, quella
indissolubilità alla quale ogni vero amore non può
che anelare.(91) Più che giustificata quindi
l'attenzione pastorale che il Sinodo ha riservato
alle situazioni dolorose in cui si trovano non pochi
fedeli che, dopo aver celebrato il sacramento del
Matrimonio, hanno divorziato e contratto nuove
nozze. Si tratta di un problema pastorale spinoso e
complesso, una vera piaga dell'odierno contesto
sociale che intacca in misura crescente gli stessi
ambienti cattolici. I Pastori, per amore della
verità, sono obbligati a discernere bene le diverse
situazioni, per aiutare spiritualmente nei modi
adeguati i fedeli coinvolti.(92) Il Sinodo dei
Vescovi ha confermato la prassi della Chiesa,
fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc
10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i
divorziati risposati, perché il loro stato e la loro
condizione di vita oggettivamente contraddicono
quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è
significata ed attuata nell'Eucaristia. I divorziati
risposati, tuttavia, nonostante la loro situazione,
continuano ad appartenere alla Chiesa, che li segue
con speciale attenzione, nel desiderio che
coltivino, per quanto possibile, uno stile cristiano
di vita attraverso la partecipazione alla santa
Messa, pur senza ricevere la Comunione, l'ascolto
della Parola di Dio, l'Adorazione eucaristica, la
preghiera, la partecipazione alla vita comunitaria,
il dialogo confidente con un sacerdote o un maestro
di vita spirituale, la dedizione alla carità
vissuta, le opere di penitenza, l'impegno educativo
verso i figli.
Là dove sorgono legittimamente dei
dubbi sulla validità del Matrimonio sacramentale
contratto, si deve intraprendere quanto è necessario
per verificarne la fondatezza. Bisogna poi
assicurare, nel pieno rispetto del diritto
canonico,(93) la presenza sul territorio dei
tribunali ecclesiastici, il loro carattere
pastorale, la loro corretta e pronta attività.(94)
Occorre che in ogni Diocesi ci sia un numero
sufficiente di persone preparate per il sollecito
funzionamento dei tribunali ecclesiastici. Ricordo
che « è un obbligo grave quello di rendere l'operato
istituzionale della Chiesa nei tribunali sempre più
vicino ai fedeli ».(95) È necessario, tuttavia,
evitare di intendere la preoccupazione pastorale
come se fosse in contrapposizione col diritto. Si
deve piuttosto partire dal presupposto che
fondamentale punto d'incontro tra diritto e
pastorale è l'amore per la verità: questa
infatti non è mai astratta, ma « si integra
nell'itinerario umano e cristiano di ogni fedele
».(96) Infine, là dove non viene riconosciuta la
nullità del vincolo matrimoniale e si danno
condizioni oggettive che di fatto rendono la
convivenza irreversibile, la Chiesa incoraggia
questi fedeli a impegnarsi a vivere la loro
relazione secondo le esigenze della legge di Dio,
come amici, come fratello e sorella; così potranno
riaccostarsi alla mensa eucaristica, con le
attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale.
Tale cammino, perché sia possibile e porti frutti,
deve essere sostenuto dall'aiuto dei pastori e da
adeguate iniziative ecclesiali, evitando, in ogni
caso, di benedire queste relazioni, perché tra i
fedeli non sorgano confusioni circa il valore del
Matrimonio.(97)
Data la complessità del contesto
culturale in cui vive la Chiesa in molti Paesi, il
Sinodo ha, poi, raccomandato di avere la massima
cura pastorale nella formazione dei nubendi e nella
previa verifica delle loro convinzioni circa gli
impegni irrinunciabili per la validità del
sacramento del Matrimonio. Un serio discernimento a
questo riguardo potrà evitare che impulsi emotivi o
ragioni superficiali inducano i due giovani ad
assumere responsabilità che non sapranno poi
onorare.(98) Troppo grande è il bene che la Chiesa e
l'intera società s'attendono dal matrimonio e dalla
famiglia su di esso fondata per non impegnarsi a
fondo in questo specifico ambito pastorale.
Matrimonio e famiglia sono istituzioni che devono
essere promosse e difese da ogni possibile equivoco
sulla loro verità, perché ogni danno arrecato ad
esse è di fatto una ferita che si arreca alla
convivenza umana come tale.
Eucaristia ed
Escatologia
Eucaristia: dono all'uomo in
cammino
30. Se è vero che i Sacramenti sono
una realtà che appartiene alla Chiesa pellegrinante
nel tempo(99) verso la piena manifestazione della
vittoria di Cristo risorto, è tuttavia altrettanto
vero che, specialmente nella liturgia eucaristica,
ci è dato di pregustare il compimento escatologico
verso cui ogni uomo e tutta la creazione sono in
cammino (cfr Rm 8,19 ss.). L'uomo è creato
per la felicità vera ed eterna, che solo l'amore di
Dio può dare. Ma la nostra libertà ferita si
smarrirebbe, se non fosse possibile già fin d'ora
sperimentare qualcosa del compimento futuro. Del
resto, ogni uomo per poter camminare nella direzione
giusta ha bisogno di essere orientato verso il
traguardo finale. Questa meta ultima, in realtà, è
lo stesso Cristo Signore vincitore del peccato e
della morte, che si rende presente a noi in modo
speciale nella Celebrazione eucaristica. Così, pur
essendo noi ancora « stranieri e pellegrini » (1
Pt 2,11) in questo mondo, nella fede già
partecipiamo alla pienezza della vita risorta. Il
banchetto eucaristico, rivelando la sua dimensione
fortemente escatologica, viene in aiuto alla nostra
libertà in cammino.
Il banchetto escatologico
31. Riflettendo su questo mistero,
possiamo dire che con la sua venuta Gesù si è posto
in rapporto con l'attesa presente nel popolo di
Israele, nell'intera umanità ed in fondo nella
stessa creazione. Con il dono di se stesso, Egli ha
obiettivamente inaugurato il tempo escatologico.
Cristo è venuto per chiamare a raccolta il Popolo di
Dio disperso (cfr Gv 11,52), manifestando
chiaramente l'intenzione di radunare la comunità
dell'alleanza, per portare a compimento le promesse
di Dio fatte agli antichi padri (cfr Ger
23,3; 31,10; Lc 1,55.70). Nella chiamata dei
Dodici, da porre in relazione con le dodici tribù di
Israele, e nel mandato loro affidato nell'Ultima
Cena, prima della sua Passione redentrice, di
celebrare il suo memoriale, Gesù ha mostrato di
voler trasferire all'intera comunità da Lui fondata
il compito di essere, nella storia, segno e
strumento del raduno escatologico, in Lui iniziato.
Pertanto, in ogni Celebrazione eucaristica si
realizza sacramentalmente il radunarsi escatologico
del Popolo di Dio. Il banchetto eucaristico è per
noi reale anticipazione del banchetto finale,
preannunziato dai Profeti (cfr Is 25,6-9) e
descritto nel Nuovo Testamento come « le nozze
dell'Agnello » (Ap 19,7.9), da celebrarsi
nella gioia della comunione dei santi.(100)
Preghiera per i defunti
32. La Celebrazione eucaristica,
nella quale annunciamo la morte del Signore,
proclamiamo la sua risurrezione, nell'attesa della
sua venuta, è pegno della gloria futura in cui anche
i nostri corpi saranno glorificati. Celebrando il
Memoriale della nostra salvezza si rafforza in noi
la speranza della risurrezione della carne e della
possibilità di incontrare di nuovo, faccia a faccia,
coloro che ci hanno preceduto nel segno della fede.
In questo orizzonte, insieme ai Padri sinodali,
vorrei ricordare a tutti i fedeli l'importanza della
preghiera di suffragio per i defunti, in particolare
della celebrazione di sante Messe per loro,(101)
affinché, purificati, possano giungere alla visione
beatifica di Dio. Riscoprendo la dimensione
escatologica insita nell'Eucaristia, celebrata ed
adorata, siamo così sostenuti nel nostro cammino e
confortati nella speranza della gloria (cfr Rm
5,2; Tt 2,13).
L'Eucaristia e la Vergine Maria
33. Dalla relazione tra l'Eucaristia
e i singoli Sacramenti, e dal significato
escatologico dei santi Misteri emerge nel suo
insieme il profilo dell'esistenza cristiana,
chiamata ad essere in ogni istante culto spirituale,
offerta di se stessa gradita a Dio. E se è vero che
noi tutti siamo ancora in cammino verso il pieno
compimento della nostra speranza, questo non toglie
che si possa già ora con gratitudine riconoscere che
quanto Dio ci ha donato trova perfetta realizzazione
nella Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra: la
sua Assunzione al cielo in corpo ed anima è per noi
segno di sicura speranza, in quanto indica a noi,
pellegrini nel tempo, quella meta escatologica che
il sacramento dell'Eucaristia ci fa fin d'ora
pregustare.
In Maria Santissima vediamo
perfettamente attuata anche la modalità sacramentale
con cui Dio raggiunge e coinvolge nella sua
iniziativa salvifica la creatura umana.
Dall'Annunciazione alla Pentecoste, Maria di
Nazareth appare come la persona la cui libertà è
totalmente disponibile alla volontà di Dio. La sua
Immacolata Concezione si rivela propriamente nella
docilità incondizionata alla Parola divina. La fede
obbediente è la forma che la sua vita assume in ogni
istante di fronte all'azione di Dio. Vergine in
ascolto, ella vive in piena sintonia con la volontà
divina; serba nel suo cuore le parole che le vengono
da Dio e, componendole come in un mosaico, impara a
comprenderle più a fondo (cfr Lc 2,19.51);
Maria è la grande Credente che, piena di fiducia, si
mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla sua
volontà.(102) Tale mistero si intensifica fino ad
arrivare al pieno coinvolgimento nella missione
redentrice di Gesù. Come ha affermato il Concilio
Vaticano II, « la beata Vergine avanzò nella
pellegrinazione della fede e serbò fedelmente la sua
unione col Figlio sino alla croce, dove, non senza
un disegno divino, se ne stette (cfr Gv
19,25) soffrendo profondamente col suo Unigenito e
associandosi con animo materno al sacrificio di Lui,
amorosamente consenziente all'immolazione della
vittima da lei generata; e finalmente, dallo stesso
Gesù morente in croce fu data quale madre al
discepolo con queste parole: Donna, ecco tuo figlio
».(103) Dall'Annunciazione fino alla Croce, Maria è
colei che accoglie la Parola fattasi carne in lei e
giunta fino ad ammutolire nel silenzio della morte.
È lei, infine, che riceve nelle sue braccia il corpo
donato, ormai esanime, di Colui che davvero ha amato
i suoi « sino alla fine » (Gv 13,1).
Per questo, ogni volta che nella
Liturgia eucaristica ci accostiamo al Corpo e al
Sangue di Cristo, ci rivolgiamo anche a Lei che,
aderendovi pienamente, ha accolto per tutta la
Chiesa il sacrificio di Cristo. Giustamente i Padri
sinodali hanno affermato che « Maria inaugura la
partecipazione della Chiesa al sacrificio del
Redentore ».(104) Ella è l'Immacolata che accoglie
incondizionatamente il dono di Dio e, in tal modo,
viene associata all'opera della salvezza. Maria di
Nazareth, icona della Chiesa nascente, è il modello
di come ciascuno di noi è chiamato ad accogliere il
dono che Gesù fa di se stesso nell'Eucaristia.
SECONDA
PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA
CELEBRARE
« In verità, in verità vi dico:
non Mosè vi ha dato il pane dal cielo,
ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero
» (Gv 6,32)
Lex orandi e lex credendi
34. Il Sinodo dei Vescovi ha
riflettuto molto sulla relazione intrinseca tra fede
eucaristica e celebrazione, mettendo in evidenza il
nesso tra lex orandi e lex credendi e
sottolineando il primato dell'azione liturgica.
È necessario vivere l'Eucaristia come mistero della
fede autenticamente celebrato, nella chiara
consapevolezza che « l'intellectus fidei è
sempre originariamente in rapporto con l'azione
liturgica della Chiesa ».(105) In questo ambito, la
riflessione teologica non può mai prescindere
dall'ordine sacramentale istituito da Cristo stesso.
Dall'altra parte, l'azione liturgica non può mai
essere considerata genericamente, a prescindere dal
mistero della fede. La sorgente della nostra fede e
della liturgia eucaristica, infatti, è il medesimo
evento: il dono che Cristo ha fatto di se stesso nel
Mistero pasquale.
Bellezza e liturgia
35. Il rapporto tra mistero creduto
e celebrato si manifesta in modo peculiare nel
valore teologico e liturgico della bellezza. La
liturgia, infatti, come del resto la Rivelazione
cristiana, ha un intrinseco legame con la bellezza:
è veritatis splendor. Nella liturgia rifulge
il Mistero pasquale mediante il quale Cristo stesso
ci attrae a sé e ci chiama alla comunione. In Gesù,
come soleva dire san Bonaventura, contempliamo la
bellezza e il fulgore delle origini.(106) Tale
attributo cui facciamo riferimento non è mero
estetismo, ma modalità con cui la verità dell'amore
di Dio in Cristo ci raggiunge, ci affascina e ci
rapisce, facendoci uscire da noi stessi e
attraendoci così verso la nostra vera vocazione:
l'amore.(107) Già nella creazione Dio si lascia
intravedere nella bellezza e nell'armonia del cosmo
(cfr Sap 13,5; Rm 1,19-20).
Nell'Antico Testamento poi troviamo ampi segni del
fulgore della potenza di Dio, che si manifesta con
la sua gloria attraverso i prodigi operati in mezzo
al popolo eletto (cfr Es 14; 16,10; 24,12-18;
Nm 14,20-23). Nel Nuovo Testamento si compie
definitivamente questa epifania di bellezza nella
rivelazione di Dio in Gesù Cristo: (108) Egli è la
piena manifestazione della gloria divina. Nella
glorificazione del Figlio risplende e si comunica la
gloria del Padre (cfr Gv 1,14; 8,54; 12,28;
17,1). Tuttavia, questa bellezza non è una semplice
armonia di forme; « il più bello tra i figli
dell'uomo » (Sal 45 [44],3) è anche
misteriosamente colui che « non ha apparenza né
bellezza per attirare i nostri sguardi » (Is
53,2). Gesù Cristo ci mostra come la verità
dell'amore sa trasfigurare anche l'oscuro mistero
della morte nella luce irradiante della
risurrezione. Qui il fulgore della gloria di Dio
supera ogni bellezza intramondana. La vera bellezza
è l'amore di Dio che si è definitivamente a noi
rivelato nel Mistero pasquale.
La bellezza della liturgia è parte
di questo mistero; essa è espressione altissima
della gloria di Dio e costituisce, in un certo
senso, un affacciarsi del Cielo sulla terra. Il
memoriale del sacrificio redentore porta in se
stesso i tratti di quella bellezza di Gesù di cui
Pietro, Giacomo e Giovanni ci hanno dato
testimonianza, quando il Maestro, in cammino verso
Gerusalemme, volle trasfigurarsi davanti a loro (cfr
Mc 9,2). La bellezza, pertanto, non è un
fattore decorativo dell'azione liturgica; ne è
piuttosto elemento costitutivo, in quanto è
attributo di Dio stesso e della sua rivelazione.
Tutto ciò deve renderci consapevoli di quale
attenzione si debba avere perché l'azione liturgica
risplenda secondo la sua natura propria.
La Celebrazione eucaristica opera del « Christus
totus »
Christus totus in capite et in
corpore
36. La bellezza intrinseca della
liturgia ha come soggetto proprio il Cristo risorto
e glorificato nello Spirito Santo, che include la
Chiesa nel suo agire.(109) In questa prospettiva è
assai suggestivo richiamare alla mente le parole di
sant'Agostino che in modo efficace descrivono questa
dinamica di fede propria dell'Eucaristia. Il grande
Santo di Ippona, proprio in riferimento al Mistero
eucaristico, mette in rilievo come Cristo stesso ci
assimili a sé: « Quel pane che voi vedete
sull'altare, santificato con la parola di Dio, è il
corpo di Cristo. Il calice, o meglio quel che il
calice contiene, santificato con le parole di Dio, è
sangue di Cristo. Con questi [segni] Cristo Signore
ha voluto affidarci il suo corpo e il suo sangue,
che ha sparso per noi per la remissione dei peccati.
Se voi li avete ricevuti bene, voi stessi siete quel
che avete ricevuto ».(110) Pertanto « non soltanto
siamo diventati cristiani, ma siamo diventati Cristo
stesso ».(111) Da qui possiamo contemplare la
misteriosa azione di Dio che comporta l'unità
profonda tra noi e il Signore Gesù: « Non bisogna
credere infatti che il Cristo sia nel capo senza
essere anche nel corpo, ma egli è tutto intero nel
capo e nel corpo ».(112)
Eucaristia e Cristo risorto
37. Poiché la liturgia eucaristica è
essenzialmente actio Dei che ci coinvolge in
Gesù per mezzo dello Spirito, il suo fondamento non
è a disposizione del nostro arbitrio e non può
subire il ricatto delle mode del momento. Anche qui
vale l'irrefragabile affermazione di san Paolo: «
Nessuno può porre un fondamento diverso da quello
che già vi si trova, che è Gesù Cristo » (1 Cor
3,11). È ancora l'Apostolo delle genti ad
assicurarci che, in riferimento all'Eucaristia, egli
non ci comunica una sua personale dottrina, ma
quello che a sua volta ha ricevuto (cfr 1 Cor
11,23). La celebrazione dell'Eucaristia implica,
infatti, la Tradizione viva. La Chiesa celebra il
Sacrificio eucaristico in obbedienza al comando di
Cristo, a partire dall'esperienza del Risorto e
dall'effusione dello Spirito Santo. Per questo
motivo, la comunità cristiana, fin dagli inizi, si
riunisce per la fractio panis nel Giorno del
Signore. Il giorno in cui Cristo è risorto dai
morti, la Domenica, è anche il primo giorno della
settimana, quello in cui la tradizione
veterotestamentaria vedeva l'inizio della creazione.
Il giorno della creazione è ora diventato il giorno
della « creazione nuova », il giorno della nostra
liberazione nel quale facciamo memoria di Cristo
morto e risorto.(113)
Ars
celebrandi
38. Nei lavori sinodali è stata più
volte raccomandata la necessità di superare ogni
possibile separazione tra l'ars celebrandi,
cioè l'arte di celebrare rettamente, e la
partecipazione piena, attiva e fruttuosa di tutti i
fedeli. In effetti, il primo modo con cui si
favorisce la partecipazione del Popolo di Dio al
Rito sacro è la celebrazione adeguata del Rito
stesso. L'ars celebrandi è la migliore
condizione per l'actuosa participatio.(114)
L'ars celebrandi scaturisce dall'obbedienza
fedele alle norme liturgiche nella loro completezza,
poiché è proprio questo modo di celebrare ad
assicurare da duemila anni la vita di fede di tutti
i credenti, i quali sono chiamati a vivere la
celebrazione in quanto Popolo di Dio, sacerdozio
regale, nazione santa (cfr 1 Pt
2,4-5.9).(115)
Il Vescovo, liturgo per
eccellenza
39. Se è vero che tutto il Popolo di
Dio partecipa alla Liturgia eucaristica, tuttavia in
relazione alla corretta ars celebrandi un
compito imprescindibile spetta a coloro che hanno
ricevuto il sacramento dell'Ordine. Vescovi,
sacerdoti e diaconi, ciascuno secondo il proprio
grado, devono considerare la celebrazione come loro
principale dovere.(116) Innanzitutto il Vescovo
diocesano: egli infatti, quale « primo dispensatore
dei misteri di Dio nella Chiesa particolare a lui
affidata, è la guida, il promotore e il custode di
tutta la vita liturgica ».(117) Tutto ciò è decisivo
per la vita della Chiesa particolare non solo in
quanto la comunione con il Vescovo è la condizione
perché ogni celebrazione sul territorio sia
legittima, ma anche perché egli stesso è il liturgo
per eccellenza della propria Chiesa.(118) A lui
spetta salvaguardare la concorde unità delle
celebrazioni nella sua Diocesi. Pertanto deve essere
« impegno del Vescovo fare in modo che i presbiteri,
i diaconi e i fedeli comprendano sempre più il senso
autentico dei riti e dei testi liturgici e così
siano condotti ad un'attiva e fruttuosa celebrazione
dell'Eucaristia ».(119) In particolare, esorto a
fare quanto è necessario perché le celebrazioni
liturgiche svolte dal Vescovo nella Chiesa
cattedrale avvengano nel pieno rispetto dell'ars
celebrandi, in modo che possano essere
considerate come modello da tutte le chiese sparse
sul territorio.(120)
Il rispetto dei libri
liturgici e della ricchezza dei segni
40. Sottolineando l'importanza dell'ars
celebrandi, si pone in luce di conseguenza il
valore delle norme liturgiche.(121) L'ars
celebrandi deve favorire il senso del sacro e
l'utilizzo di quelle forme esteriori che educano a
tale senso, come, ad esempio, l'armonia del rito,
delle vesti liturgiche, dell'arredo e del luogo
sacro. La celebrazione eucaristica trova giovamento
là dove i sacerdoti e i responsabili della pastorale
liturgica si impegnano a fare conoscere i vigenti
libri liturgici e le relative norme, mettendo in
evidenza le grandi ricchezze dell'Ordinamento
Generale del Messale Romano e dell'Ordinamento
delle Letture della Messa. Nelle comunità
ecclesiali si dà forse per scontata la loro
conoscenza ed il loro giusto apprezzamento, ma
spesso così non è. In realtà, sono testi in cui sono
contenute ricchezze che custodiscono ed esprimono la
fede e il cammino del Popolo di Dio lungo i due
millenni della sua storia. Altrettanto importante
per una giusta ars celebrandi è l'attenzione
verso tutte le forme di linguaggio previste dalla
liturgia: parola e canto, gesti e silenzi, movimento
del corpo, colori liturgici dei paramenti. La
liturgia, in effetti, possiede per sua natura una
varietà di registri di comunicazione che le
consentono di mirare al coinvolgimento di tutto
l'essere umano. La semplicità dei gesti e la
sobrietà dei segni posti nell'ordine e nei tempi
previsti comunicano e coinvolgono di più che
l'artificiosità di aggiunte inopportune.
L'attenzione e l'obbedienza alla struttura propria
del rito, mentre esprimono il riconoscimento del
carattere di dono dell'Eucaristia, manifestano la
volontà del ministro di accogliere con docile
gratitudine tale ineffabile dono.
Arte al servizio della
celebrazione
41. Il legame profondo tra la
bellezza e la liturgia deve farci considerare con
attenzione tutte le espressioni artistiche poste al
servizio della celebrazione.(122) Una componente
importante dell'arte sacra è certamente
l'architettura delle chiese,(123) nelle quali
deve risaltare l'unità tra gli elementi propri del
presbiterio: altare, crocifisso, tabernacolo,
ambone, sede. A tale proposito si deve tenere
presente che lo scopo dell'architettura sacra è di
offrire alla Chiesa che celebra i misteri della
fede, in particolare l'Eucaristia, lo spazio più
adatto all'adeguato svolgimento della sua azione
liturgica.(124) Infatti, la natura del tempio
cristiano è definita dall'azione liturgica stessa,
che implica il radunarsi dei fedeli (ecclesia),
i quali sono le pietre vive del tempio (cfr 1 Pt
2,5).
Lo stesso principio vale per tutta
l'arte sacra in genere, specialmente la pittura e la
scultura, nelle quali l'iconografia religiosa deve
essere orientata alla mistagogia sacramentale.
Un'approfondita conoscenza delle forme che l'arte
sacra ha saputo produrre lungo i secoli può essere
di grande aiuto per coloro che, di fronte a
architetti e artisti, hanno la responsabilità della
committenza di opere artistiche legate all'azione
liturgica. Perciò è indispensabile che nella
formazione dei seminaristi e dei sacerdoti sia
inclusa, come disciplina importante, la storia
dell'arte con speciale riferimento agli edifici di
culto alla luce delle norme liturgiche. In
definitiva, è necessario che in tutto quello che
riguarda l'Eucaristia vi sia gusto per la bellezza.
Rispetto e cura dovranno aversi anche per i
paramenti, gli arredi, i vasi sacri, affinché,
collegati in modo organico e ordinato tra loro,
alimentino lo stupore per il mistero di Dio,
manifestino l'unità della fede e rafforzino la
devozione.(125)
Il canto liturgico
42. Nell'ars celebrandi un
posto di rilievo viene occupato dal canto
liturgico.(126) A ragione sant'Agostino in un suo
famoso sermone afferma: « L'uomo nuovo sa qual è il
cantico nuovo. Il cantare è espressione di gioia e,
se pensiamo a ciò con un po' più di attenzione, è
espressione di amore ».(127) Il Popolo di Dio
radunato per la celebrazione canta le lodi di Dio.
La Chiesa, nella sua bimillenaria storia, ha creato,
e continua a creare, musica e canti che
costituiscono un patrimonio di fede e di amore che
non deve andare perduto. Davvero, in liturgia non
possiamo dire che un canto vale l'altro. A tale
proposito, occorre evitare la generica
improvvisazione o l'introduzione di generi musicali
non rispettosi del senso della liturgia. In quanto
elemento liturgico, il canto deve integrarsi nella
forma propria della celebrazione.(128) Di
conseguenza tutto – nel testo, nella melodia,
nell'esecuzione – deve corrispondere al senso del
mistero celebrato, alle parti del rito e ai tempi
liturgici.(129) Infine, pur tenendo conto dei
diversi orientamenti e delle differenti tradizioni
assai lodevoli, desidero, come è stato chiesto dai
Padri sinodali, che venga adeguatamente valorizzato
il canto gregoriano,(130) in quanto canto proprio
della liturgia romana.(131)
La struttura della celebrazione eucaristica
43. Dopo aver ricordato gli elementi
portanti dell'ars celebrandi emersi nei
lavori sinodali, vorrei richiamare l'attenzione più
specificamente su alcune parti della struttura della
Celebrazione eucaristica, che nel nostro tempo
necessitano di una particolare cura, al fine di
restare fedeli all'intenzione profonda del
rinnovamento liturgico voluto dal Concilio Vaticano
II, in continuità con tutta la grande tradizione
ecclesiale.
Unità intrinseca dell'azione
liturgica
44. Prima di tutto è necessario
riflettere sull'unità intrinseca del rito della
santa Messa. Bisogna evitare che, sia nelle
catechesi che nella modalità di celebrazione, si dia
adito ad una visione giustapposta delle due parti
del rito. Liturgia della Parola e liturgia
eucaristica - oltre ai riti di introduzione e di
conclusione - « sono così strettamente congiunte tra
loro da formare un unico atto di culto ».(132)
Infatti, esiste un legame intrinseco tra la Parola
di Dio e l'Eucaristia. Ascoltando la Parola di Dio
nasce o si rafforza la fede (cfr Rm 10,17);
nell'Eucaristia il Verbo fatto carne si dà a noi
come cibo spirituale.(133) Così « dalle due mense
della Parola di Dio e del Corpo di Cristo la Chiesa
riceve ed offre ai fedeli il Pane di vita ».(134)
Pertanto, si deve costantemente tener presente che
la Parola di Dio, dalla Chiesa letta e annunziata
nella liturgia, conduce all'Eucaristia come al suo
fine connaturale.
La liturgia della Parola
45. Insieme al Sinodo, chiedo che la
liturgia della Parola sia sempre debitamente
preparata e vissuta. Pertanto, raccomando vivamente
che nelle liturgie si ponga grande attenzione alla
proclamazione della Parola di Dio da parte di
lettori ben preparati. Non dimentichiamo mai che «
quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura, Dio
stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella
sua Parola, annunzia il Vangelo ».(135) Se le
circostanze lo rendono opportuno, si può pensare a
poche parole di introduzione che aiutino i fedeli a
prenderne rinnovata coscienza. La Parola di Dio per
essere ben compresa deve essere ascoltata ed accolta
con spirito ecclesiale e nella consapevolezza della
sua unità con il Sacramento eucaristico. Infatti, la
Parola che annunciamo ed ascoltiamo è il Verbo fatto
carne (cfr Gv 1,14) ed ha un intrinseco
riferimento alla persona di Cristo e alla modalità
sacramentale della sua permanenza. Cristo non parla
nel passato ma nel nostro presente, come Egli è
presente nell'azione liturgica. In questo orizzonte
sacramentale della rivelazione cristiana,(136) la
conoscenza e lo studio della Parola di Dio ci
permettono di apprezzare, celebrare e vivere meglio
l'Eucaristia. Anche qui si rivela in tutta la sua
verità l'affermazione secondo cui « l'ignoranza
della Scrittura è ignoranza di Cristo ».(137)
A questo scopo è necessario che i
fedeli siano aiutati ad apprezzare i tesori della
Sacra Scrittura presenti nel lezionario attraverso
iniziative pastorali, celebrazioni della Parola e la
lettura orante (lectio divina). Inoltre, non
si dimentichi di promuovere le forme di preghiera
confermate dalla tradizione: la Liturgia delle Ore,
soprattutto le Lodi, i Vespri, la Compieta e anche
le celebrazioni vigiliari. La preghiera dei Salmi,
le letture bibliche e quelle della grande tradizione
presentate nell'Ufficio divino possono condurre ad
un'approfondita esperienza dell'avvenimento di
Cristo e dell'economia della salvezza, che a sua
volta può arricchire la comprensione e la
partecipazione alla Celebrazione eucaristica.(138)
L'omelia
46. In relazione all'importanza
della Parola di Dio si pone la necessità di
migliorare la qualità dell'omelia. Essa infatti « è
parte dell'azione liturgica »; (139) ha il compito
di favorire una più piena comprensione ed efficacia
della Parola di Dio nella vita dei fedeli. Per
questo i ministri ordinati devono « preparare
accuratamente l'omelia, basandosi su una conoscenza
adeguata della Sacra Scrittura ».(140) Si evitino
omelie generiche o astratte. In particolare, chiedo
ai ministri di fare in modo che l'omelia ponga la
Parola di Dio proclamata in stretta relazione con la
celebrazione sacramentale(141) e con la vita della
comunità, in modo tale che la Parola di Dio sia
realmente sostegno e vita della Chiesa.(142) Si
tenga presente, pertanto, lo scopo catechetico ed
esortativo dell'omelia. Si ritiene opportuno che,
partendo dal lezionario triennale, siano
sapientemente proposte ai fedeli omelie tematiche
che, lungo l'anno liturgico, trattino i grandi temi
della fede cristiana, attingendo a quanto proposto
autorevolmente dal Magistero nei quattro ‘pilastri'
del Catechismo della Chiesa Cattolica e nel
recente Compendio: la professione della fede,
la celebrazione del mistero cristiano, la vita in
Cristo, la preghiera cristiana.(143)
Presentazione dei doni
47. I Padri sinodali hanno
richiamato l'attenzione anche sulla presentazione
dei doni. Non si tratta semplicemente di un sorta di
« intervallo » tra la liturgia della Parola e quella
eucaristica. Ciò farebbe venir meno, tra l'altro, il
senso dell'unico rito composto di due parti
connesse. In questo gesto umile e semplice si
manifesta, in realtà, un significato molto grande:
nel pane e nel vino che portiamo all'altare tutta la
creazione è assunta da Cristo Redentore per essere
trasformata e presentata al Padre.(144) In questa
prospettiva portiamo all'altare anche tutta la
sofferenza e il dolore del mondo, nella certezza che
tutto è prezioso agli occhi di Dio. Questo gesto,
per essere vissuto nel suo autentico significato,
non ha bisogno di essere enfatizzato con
complicazioni inopportune. Esso permette di
valorizzare l'originaria partecipazione che Dio
chiede all'uomo per portare a compimento l'opera
divina in lui e dare in tal modo senso pieno al
lavoro umano, che attraverso la Celebrazione
eucaristica viene unito al sacrificio redentore di
Cristo.
La preghiera eucaristica
48. La preghiera eucaristica è «
momento centrale e culminante dell'intera
celebrazione ».(145) La sua importanza merita di
essere adeguatamente sottolineata. Le differenti
preghiere eucaristiche contenute nel Messale ci sono
tramandate dalla Tradizione viva della Chiesa e si
distinguono per una ricchezza teologica e spirituale
inesauribile. I fedeli devono essere messi in grado
di apprezzarla. L'Ordinamento Generale del
Messale Romano ci aiuta in questo ricordandoci
gli elementi fondamentali di ogni preghiera
eucaristica: azione di grazie, acclamazione,
epiclesi, racconto dell'istituzione, consacrazione,
anamnesi, offerta, intercessione e dossologia
conclusiva.(146) In particolare, la spiritualità
eucaristica e la riflessione teologica vengono
illuminate se si contempla la profonda unità
nell'anafora tra l'invocazione dello Spirito Santo e
il racconto dell'istituzione,(147) in cui « si
compie il sacrificio che Cristo stesso istituì
nell'Ultima Cena ».(148) Infatti, « la Chiesa
implora con speciali invocazioni la potenza dello
Spirito Santo, perché i doni offerti dagli uomini
siano consacrati, cioè diventino il Corpo e il
Sangue di Cristo, e perché la vittima immacolata,
che si riceve nella Comunione, giovi per la salvezza
di coloro che vi parteciperanno ».(149)
Scambio della pace
49. L'Eucaristia è per sua natura
Sacramento della pace. Questa dimensione del Mistero
eucaristico trova nella Celebrazione liturgica
specifica espressione nel rito dello scambio della
pace. Si tratta indubbiamente di un segno di grande
valore (cfr Gv 14,27). Nel nostro tempo, così
spaventosamente carico di conflitti, questo gesto
acquista, anche dal punto di vista della sensibilità
comune, un particolare rilievo in quanto la Chiesa
avverte sempre più come compito proprio quello di
implorare dal Signore il dono della pace e
dell'unità per se stessa e per l'intera famiglia
umana. La pace è certamente un anelito
insopprimibile, presente nel cuore di ciascuno. La
Chiesa si fa voce della domanda di pace e di
riconciliazione che sale dall'animo di ogni persona
di buona volontà, rivolgendola a Colui che « è la
nostra pace » (Ef 2,14) e che può
rappacificare popoli e persone, anche dove
falliscono i tentativi umani. Da tutto ciò si
comprende l'intensità con cui spesso il rito della
pace è sentito nella Celebrazione liturgica. A
questo proposito, tuttavia, durante il Sinodo dei
Vescovi è stata rilevata l'opportunità di moderare
questo gesto, che può assumere espressioni
eccessive, suscitando qualche confusione
nell'assemblea proprio prima della Comunione. È bene
ricordare come non tolga nulla all'alto valore del
gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima
adatto alla celebrazione, per esempio facendo in
modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più
vicino.(150)
Distribuzione e ricezione
dell'Eucaristia
50. Un altro momento della
celebrazione a cui è necessario accennare è la
distribuzione e la ricezione della santa Comunione.
Chiedo a tutti, in particolare ai ministri ordinati
e a coloro che, adeguatamente preparati, in caso di
reale necessità, vengono autorizzati al ministero
della distribuzione dell'Eucaristia, di fare il
possibile perché il gesto nella sua semplicità
corrisponda al suo valore di incontro personale con
il Signore Gesù nel Sacramento. Per quanto riguarda
le prescrizioni per la corretta prassi rimando ai
documenti recentemente emanati.(151) Tutte le
comunità cristiane si attengano fedelmente alle
norme vigenti, vedendo in esse l'espressione della
fede e dell'amore che tutti dobbiamo avere nei
confronti di questo sublime Sacramento. Inoltre, non
venga trascurato il tempo prezioso del
ringraziamento dopo la Comunione: oltre
all'esecuzione di un canto opportuno, assai utile
può essere anche il rimanere raccolti in
silenzio.(152)
A questo proposito, vorrei
richiamare l'attenzione ad un problema pastorale in
cui frequentemente accade di imbattersi nel nostro
tempo. Mi riferisco al fatto che in alcune
circostanze, come ad esempio nelle sante Messe
celebrate in occasione di matrimoni, funerali o
eventi analoghi, sono presenti alla celebrazione,
oltre ai fedeli praticanti, anche altri che magari
da anni non si accostano all'altare, o forse si
trovano in una situazione di vita che non permette
l'accesso ai Sacramenti. Altre volte capita che
siano presenti persone di altre confessioni
cristiane o addirittura di altre religioni.
Circostanze simili si verificano anche in chiese che
sono meta di visitatori, soprattutto nelle grandi
città d'arte. Si comprende la necessità che si
trovino allora modi brevi ed incisivi per richiamare
tutti al senso della comunione sacramentale e alle
condizioni per la sua ricezione. Laddove vi siano
situazioni in cui non sia possibile garantire la
doverosa chiarezza sul significato dell'Eucaristia,
si deve valutare l'opportunità di sostituire la
Celebrazione eucaristica con una celebrazione della
Parola di Dio.(153)
Il congedo: « Ite, missa est »
51. Infine, vorrei soffermarmi su
quanto i Padri sinodali hanno detto circa il saluto
di congedo al termine della Celebrazione
eucaristica. Dopo la benedizione, il diacono o il
sacerdote congeda il popolo con le parole: Ite,
missa est. In questo saluto ci è dato di
cogliere il rapporto tra la Messa celebrata e la
missione cristiana nel mondo. Nell'antichità «
missa » significava semplicemente « dimissione
». Tuttavia essa ha trovato nell'uso cristiano un
significato sempre più profondo. L'espressione «
dimissione », in realtà, si trasforma in « missione
». Questo saluto esprime sinteticamente la natura
missionaria della Chiesa. Pertanto, è bene aiutare
il Popolo di Dio ad approfondire questa dimensione
costitutiva della vita ecclesiale, traendone spunto
dalla liturgia. In questa prospettiva può essere
utile disporre di testi, opportunamente approvati,
per l'orazione sul popolo e la benedizione finale
che esplicitino tale legame.(154)
Actuosa participatio
Autentica partecipazione
52. Il Concilio Vaticano II aveva
posto giustamente una particolare enfasi sulla
partecipazione attiva, piena e fruttuosa dell'intero
Popolo di Dio alla Celebrazione eucaristica.(155)
Certamente, il rinnovamento attuato in questi anni
ha favorito notevoli progressi nella direzione
auspicata dai Padri conciliari. Tuttavia, non
dobbiamo nasconderci il fatto che a volte si è
manifestata qualche incomprensione precisamente
circa il senso di questa partecipazione. Conviene
pertanto mettere in chiaro che con tale parola non
si intende fare riferimento ad una semplice attività
esterna durante la celebrazione. In realtà, l'attiva
partecipazione auspicata dal Concilio deve essere
compresa in termini più sostanziali, a partire da
una più grande consapevolezza del mistero che viene
celebrato e del suo rapporto con l'esistenza
quotidiana. Ancora pienamente valida è la
raccomandazione della Costituzione conciliare
Sacrosanctum Concilium, che esortava i
fedeli a non assistere alla liturgia eucaristica «
come estranei o muti spettatori », ma a partecipare
« all'azione sacra consapevolmente, piamente e
attivamente ».(156) Il Concilio proseguiva
sviluppando la riflessione: i fedeli « formati dalla
Parola di Dio, si nutrano alla mensa del Corpo del
Signore; rendano grazie a Dio; offrendo la vittima
senza macchia, non soltanto per le mani del
sacerdote, ma insieme con lui, imparino ad offrire
se stessi, e di giorno in giorno, per mezzo di
Cristo Mediatore siano perfezionati nell'unità con
Dio e tra di loro ».(157)
Partecipazione e ministero
sacerdotale
53. La bellezza e l'armonia
dell'azione liturgica trovano una significativa
espressione nell'ordine con cui ciascuno è chiamato
a partecipare attivamente. Ciò comporta il
riconoscimento dei diversi ruoli gerarchici
implicati nella celebrazione stessa. È utile
ricordare che la partecipazione attiva ad essa non
coincide di per sé con lo svolgimento di un
ministero particolare. Soprattutto non giova alla
causa della partecipazione attiva dei fedeli una
confusione che venisse ingenerata dalla incapacità
di distinguere, nella comunione ecclesiale, i
diversi compiti spettanti a ciascuno.(158) In
particolare, è necessario che vi sia chiarezza
riguardo ai compiti specifici del sacerdote. Egli è
in modo insostituibile, come attesta la tradizione
della Chiesa, colui che presiede l'intera
Celebrazione eucaristica, dal saluto iniziale alla
benedizione finale. In forza dell'Ordine sacro
ricevuto, egli rappresenta Gesù Cristo, capo della
Chiesa e, nel modo suo proprio, anche la Chiesa
stessa.(159) Ogni celebrazione dell'Eucaristia,
infatti, è guidata dal Vescovo, « o personalmente, o
per mezzo dei presbiteri suoi collaboratori ».(160)
Egli è coadiuvato dal diacono, il quale ha nella
celebrazione alcuni compiti specifici: preparare
l'altare e prestare servizio al sacerdote,
annunciare il Vangelo, eventualmente tenere
l'omelia, proporre ai fedeli le intenzioni della
preghiera universale, distribuire ai fedeli
l'Eucaristia.(161) In relazione a questi ministeri,
legati al sacramento dell'Ordine, si pongono anche
altri ministeri per il servizio liturgico,
lodevolmente svolti da religiosi e laici
preparati.(162)
Celebrazione eucaristica e
inculturazione
54. A partire dalle affermazioni
fondamentali del Concilio Vaticano II, è stata
sottolineata più volte l'importanza della
partecipazione attiva dei fedeli al Sacrificio
eucaristico. Per favorire questo coinvolgimento si
può fare spazio ad alcuni adattamenti appropriati ai
diversi contesti e alle differenti culture.(163) Il
fatto che vi siano stati alcuni abusi non oscura la
chiarezza di questo principio, che deve essere
mantenuto secondo le reali necessità della Chiesa,
la quale vive e celebra il medesimo mistero di
Cristo in situazioni culturali differenti. Il
Signore Gesù, infatti, proprio nel mistero
dell'Incarnazione, nascendo da donna come perfetto
uomo (cfr Gal 4,4), si è posto in diretto
rapporto non soltanto con le attese presenti
all'interno dell'Antico Testamento, ma anche con
quelle coltivate da tutti i popoli. Con ciò Egli ha
mostrato che Dio intende raggiungerci nel nostro
contesto vitale. Pertanto, per una più efficace
partecipazione dei fedeli ai santi Misteri è utile
la prosecuzione del processo di inculturazione
nell'ambito della Celebrazione eucaristica, tenendo
conto delle possibilità di adattamento offerte dall'Ordinamento
Generale del Messale Romano,(164) interpretate
alla luce dei criteri fissati dalla IV Istruzione
della Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti Varietates legitimae
del 25 gennaio 1994 (165), e dalle direttive
espresse dal Papa Giovanni Paolo II nelle
Esortazioni postsinodali
Ecclesia in Africa,
Ecclesia in America,
Ecclesia in Asia,
Ecclesia in Oceania,
Ecclesia in Europa.(166) A questo scopo
raccomando alle Conferenze episcopali di agire
favorendo il giusto equilibrio tra criteri e
direttive già emanate e nuovi adattamenti,(167)
sempre in accordo con la Sede Apostolica.
Condizioni personali per una «
actuosa participatio »
55. Considerando il tema dell'actuosa
participatio dei fedeli al sacro rito, i Padri
sinodali hanno dato rilievo anche alle condizioni
personali in cui ciascuno deve trovarsi per una
fruttuosa partecipazione.(168) Una di queste è
certamente lo spirito di costante conversione che
deve caratterizzare la vita di tutti i fedeli. Non
ci si può aspettare una partecipazione attiva alla
liturgia eucaristica, se ci si accosta ad essa
superficialmente, senza prima interrogarsi sulla
propria vita. Favoriscono tale disposizione
interiore, ad esempio, il raccoglimento ed il
silenzio, almeno qualche istante prima dell'inizio
della liturgia, il digiuno e, quando necessario, la
Confessione sacramentale. Un cuore riconciliato con
Dio abilita alla vera partecipazione. In
particolare, occorre richiamare i fedeli al fatto
che un'actuosa participatio ai santi Misteri
non può aversi se non si cerca al tempo stesso di
prendere parte attivamente alla vita ecclesiale
nella sua integralità, che comprende pure l'impegno
missionario di portare l'amore di Cristo dentro la
società.
Senza dubbio, la piena
partecipazione all'Eucaristia si ha quando ci si
accosta anche personalmente all'altare per ricevere
la Comunione.(169) Tuttavia, si deve fare attenzione
a che questa giusta affermazione non introduca un
certo automatismo tra i fedeli, quasi che per il
solo fatto di trovarsi in chiesa durante la liturgia
si abbia il diritto o forse anche il dovere di
accostarsi alla Mensa eucaristica. Anche quando non
è possibile accostarsi alla comunione sacramentale,
la partecipazione alla santa Messa rimane
necessaria, valida, significativa e fruttuosa. È
bene in queste circostanze coltivare il desiderio
della piena unione con Cristo con la pratica, ad
esempio, della comunione spirituale, ricordata da
Giovanni Paolo II (170) e raccomandata da Santi
maestri di vita spirituale.(171)
Partecipazione dei cristiani
non cattolici
56. Con il tema della partecipazione
ci troviamo inevitabilmente a trattare dei cristiani
appartenenti a Chiese o a Comunità ecclesiali che
non sono in piena comunione con la Chiesa Cattolica.
A questo proposito, si deve dire che l'intrinseco
legame esistente tra Eucaristia e unità della
Chiesa, da una parte, ci fa desiderare ardentemente
il giorno in cui potremo celebrare insieme con tutti
i credenti in Cristo la divina Eucaristia ed
esprimere così visibilmente la pienezza dell'unità
che Cristo ha voluto per i suoi discepoli (cfr Gv
17,21). Dall'altra parte, il rispetto che dobbiamo
al sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo ci
impedisce di farne un semplice « mezzo » da usarsi
indiscriminatamente per raggiungere questa stessa
unità.(172) L'Eucaristia, infatti, non manifesta
solo la nostra personale comunione con Gesù Cristo,
ma implica anche la piena communio con la
Chiesa. Questo è, pertanto, il motivo per cui con
dolore, ma non senza speranza, chiediamo ai
cristiani non cattolici di comprendere e rispettare
la nostra convinzione che si rifà alla Bibbia e alla
Tradizione. Noi riteniamo che la Comunione
eucaristica e la comunione ecclesiale si
appartengano così intimamente da rendere
generalmente impossibile accedere all'una senza
godere dell'altra, da parte di cristiani non
cattolici. Ancora più priva di senso sarebbe una
vera e propria concelebrazione con ministri di
Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione
con la Chiesa Cattolica. Resta tuttavia vero che, in
vista dell'eterna salvezza, vi è la possibilità
dell'ammissione di singoli cristiani non cattolici
all'Eucaristia, al sacramento della Penitenza e
all'Unzione degli infermi. Ciò suppone però il
verificarsi di determinate ed eccezionali situazioni
connotate da precise condizioni.(173) Esse sono
indicate con chiarezza nel
Catechismo della Chiesa Cattolica (174) e
nel suo
Compendio.(175) È dovere di ciascuno
attenervisi fedelmente.
Partecipazione attraverso i
mezzi di comunicazione
57. A causa dello sviluppo
formidabile dei mezzi di comunicazione, negli ultimi
decenni la parola « partecipazione » ha acquistato
un significato più ampio che in passato. Tutti
riconosciamo con soddisfazione che questi strumenti
offrono nuove possibilità anche in riferimento alla
Celebrazione eucaristica.(176) Ciò richiede dagli
operatori pastorali del settore una specifica
preparazione ed un vivo senso di responsabilità.
Infatti, la santa Messa trasmessa alla televisione
inevitabilmente acquista un certo carattere di
esemplarità. Si deve fare perciò particolare
attenzione perché la celebrazione, oltre a svolgersi
in luoghi degni e ben preparati, rispetti le norme
liturgiche.
Infine, quanto al valore della
partecipazione alla santa Messa resa possibile dai
mezzi di comunicazione, chi assiste a tali
trasmissioni deve sapere che, in condizioni normali,
non adempie al precetto festivo. Infatti, il
linguaggio dell'immagine rappresenta la realtà, ma
non la riproduce in se stessa.(177) Se è assai
lodevole che anziani e malati partecipino alla santa
Messa festiva attraverso le trasmissioni
radiotelevisive, non altrettanto potrebbe dirsi di
chi, mediante tali trasmissioni, volesse dispensarsi
dall'andare in chiesa per partecipare alla
Celebrazione eucaristica nell'assemblea della Chiesa
viva.
« Actuosa participatio »
degli infermi
58. Considerando la condizione di
coloro che per motivi di salute o di età non possono
recarsi nei luoghi di culto, vorrei richiamare
l'attenzione di tutta la comunità ecclesiale sulla
necessità pastorale di assicurare l'assistenza
spirituale ai malati, a quelli che restano nelle
proprie case o che si trovano in ospedale. Più volte
nel Sinodo dei Vescovi si è fatto cenno alla loro
condizione. Occorre fare in modo che questi nostri
fratelli possano accostarsi con frequenza alla
Comunione sacramentale. Rinforzando in tal modo il
rapporto con Cristo crocifisso e risorto, potranno
sentire la propria esistenza pienamente inserita
nella vita e nella missione della Chiesa mediante
l'offerta della propria sofferenza in unione col
sacrificio di nostro Signore. Un'attenzione
particolare deve essere riservata ai disabili; là
dove la loro condizione lo permette, la comunità
cristiana deve favorire la loro partecipazione alla
celebrazione nel luogo di culto. In proposito, si
faccia in modo che siano rimossi negli edifici sacri
eventuali ostacoli architettonici che impediscono ai
disabili l'accesso. Infine, venga assicurata anche
la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai
disabili mentali, battezzati e cresimati: essi
ricevono l'Eucaristia nella fede anche della
famiglia o della comunità che li accompagna.(178)
L'attenzione per i carcerati
59. La tradizione spirituale della
Chiesa, sulla scorta di una precisa parola di Cristo
(cfr Mt 25,36), ha individuato nella visita
ai carcerati una delle opere di misericordia
corporale. Coloro che si trovano in questa
situazione hanno particolarmente bisogno di essere
visitati dal Signore stesso nel sacramento
dell'Eucaristia. Sperimentare la vicinanza della
comunità ecclesiale, partecipare all'Eucaristia e
ricevere la santa Comunione in un periodo della vita
così particolare e doloroso può sicuramente
contribuire alla qualità del proprio cammino di fede
e favorire il pieno ricupero sociale della persona.
Interpretando i desideri espressi nell'Assemblea
sinodale chiedo alle Diocesi di fare in modo che,
nei limiti del possibile, vi sia un adeguato
investimento di forze nell'attività pastorale
rivolta alla cura spirituale dei detenuti.(179)
I migranti e la partecipazione
all'Eucaristia
60. Toccando il problema di coloro
che per diversi motivi sono costretti a lasciare la
propria terra, il Sinodo ha espresso particolare
gratitudine verso quanti sono impegnati nella cura
pastorale dei migranti. In questo contesto,
un'attenzione specifica deve essere data a quei
migranti che appartengono alle Chiese cattoliche
orientali e per i quali, al distacco dalla propria
casa, si aggiunge la difficoltà di non poter
partecipare alla liturgia eucaristica secondo il
proprio rito di appartenenza. Per questo, dove è
possibile, venga loro concesso di essere assistiti
dai sacerdoti del loro rito. In ogni caso, chiedo ai
Vescovi di accogliere nella carità di Cristo questi
fratelli. L'incontro di fedeli di riti diversi può
diventare anche occasione di vicendevole
arricchimento. In particolare, penso al giovamento
che può derivare, soprattutto per il clero, dalla
conoscenza delle diverse tradizioni.(180)
Le grandi concelebrazioni
61. L'Assemblea sinodale si è
soffermata a considerare la qualità della
partecipazione nelle grandi celebrazioni che
avvengono in circostanze particolari, in cui vi
sono, oltre ad un grande numero di fedeli, anche
molti sacerdoti concelebranti.(181) Da una parte, è
facile riconoscere il valore di questi momenti,
specialmente quando presiede il Vescovo attorniato
dal suo presbiterio e dai diaconi. Dall'altra, in
tali circostanze possono verificarsi problemi quanto
all'espressione sensibile dell'unità del
presbiterio, specialmente nella preghiera
eucaristica, e quanto alla distribuzione della santa
Comunione. Si deve evitare che tali grandi
concelebrazioni creino dispersione. A ciò si
provveda con strumenti adeguati di coordinamento e
sistemando il luogo di culto in modo da consentire
ai presbiteri e ai fedeli la piena e reale
partecipazione. Comunque, occorre tener presente che
si tratta di concelebrazioni d'indole eccezionale e
limitate a situazioni straordinarie.
La lingua latina
62. Quanto affermato non deve,
tuttavia, mettere in ombra il valore di queste
grandi liturgie. Penso in questo momento, in
particolare, alle celebrazioni che avvengono durante
incontri internazionali, oggi sempre più frequenti.
Esse devono essere giustamente valorizzate. Per
meglio esprimere l'unità e l'universalità della
Chiesa, vorrei raccomandare quanto suggerito dal
Sinodo dei Vescovi, in sintonia con le direttive del
Concilio Vaticano II: (182) eccettuate le
letture, l'omelia e la preghiera dei fedeli, è bene
che tali celebrazioni siano in lingua latina; così
pure siano recitate in latino le preghiere più
note(183) della tradizione della Chiesa ed
eventualmente eseguiti brani in canto gregoriano.
Più in generale, chiedo che i futuri sacerdoti, fin
dal tempo del seminario, siano preparati a
comprendere e a celebrare la santa Messa in latino,
nonché a utilizzare testi latini e a eseguire il
canto gregoriano; non si trascuri la possibilità che
gli stessi fedeli siano educati a conoscere le più
comuni preghiere in latino, come anche a cantare in
gregoriano certe parti della liturgia.(184)
Celebrazioni eucaristiche in
piccoli gruppi
63. Una situazione assai diversa è
quella che si viene a creare in alcune circostanze
pastorali in cui, proprio per una partecipazione più
consapevole, attiva e fruttuosa, si favoriscono le
celebrazioni in piccoli gruppi. Pur riconoscendo la
valenza formativa sottesa a queste scelte, è
necessario precisare che esse devono essere
armonizzate con l'insieme della proposta pastorale
della Diocesi. Infatti, tali esperienze perderebbero
il loro carattere pedagogico, se fossero sentite in
antagonismo o in parallelo rispetto alla vita della
Chiesa particolare. A tale proposito, il Sinodo ha
evidenziato alcuni criteri ai quali attenersi: i
piccoli gruppi devono servire a unificare la
comunità, non a frammentarla; ciò deve trovare
convalida nella prassi concreta; questi gruppi
devono favorire la partecipazione fruttuosa
dell'intera assemblea e preservare, per quanto
possibile, l'unità della vita liturgica delle
singole famiglie.(185)
La celebrazione interiormente partecipata
Catechesi mistagogica
64. La grande tradizione liturgica
della Chiesa ci insegna che, per una fruttuosa
partecipazione, è necessario impegnarsi a
corrispondere personalmente al mistero che viene
celebrato, mediante l'offerta a Dio della propria
vita, in unità con il sacrificio di Cristo per la
salvezza del mondo intero. Per questo motivo, il
Sinodo dei Vescovi ha raccomandato di curare nei
fedeli l'intima concordanza delle disposizioni
interiori con i gesti e le parole. Se questa
mancasse, le nostre celebrazioni, per quanto
animate, rischierebbero la deriva del ritualismo.
Pertanto occorre promuovere un'educazione alla fede
eucaristica che disponga i fedeli a vivere
personalmente quanto viene celebrato. Di fronte
all'importanza essenziale di questa participatio
personale e consapevole, quali possono essere
gli strumenti formativi adeguati? I Padri sinodali
all'unanimità hanno indicato, al riguardo, la strada
di una catechesi a carattere mistagogico, che porti
i fedeli a addentrarsi sempre meglio nei misteri che
vengono celebrati.(186) In particolare, per la
relazione tra ars celebrandi e actuosa
participatio si deve innanzitutto affermare che
« la migliore catechesi sull'Eucaristia è la stessa
Eucaristia ben celebrata ».(187) Per natura sua,
infatti, la liturgia ha una sua efficacia pedagogica
nell'introdurre i fedeli alla conoscenza del mistero
celebrato. Proprio per questo, nella tradizione più
antica della Chiesa il cammino formativo del
cristiano, pur senza trascurare l'intelligenza
sistematica dei contenuti della fede, assumeva
sempre un carattere esperienziale in cui
determinante era l'incontro vivo e persuasivo con
Cristo annunciato da autentici testimoni. In questo
senso, colui che introduce ai misteri è innanzitutto
il testimone. Tale incontro certamente si
approfondisce nella catechesi e trova la sua fonte e
il suo culmine nella celebrazione dell'Eucaristia.
Da questa struttura fondamentale dell'esperienza
cristiana prende le mosse l'esigenza di un
itinerario mistagogico, in cui devono sempre essere
tenuti presenti tre elementi.
a) Si tratta innanzitutto
della interpretazione dei riti alla luce degli
eventi salvifici, in conformità con la
tradizione viva della Chiesa. In effetti, la
celebrazione dell'Eucaristia, nella sua infinita
ricchezza, contiene continui riferimenti alla storia
della salvezza. In Cristo crocifisso e risorto ci è
dato di celebrare davvero il centro ricapitolatore
di tutta la realtà (cfr Ef 1,10). Fin
dall'inizio la comunità cristiana ha letto gli
avvenimenti della vita di Gesù, ed in particolare
del mistero pasquale, in relazione a tutto il
percorso veterotestamentario.
b) La catechesi mistagogica
si dovrà preoccupare, inoltre, di introdurre al
senso dei segni contenuti nei riti. Questo
compito è particolarmente urgente in un'epoca
fortemente tecnicizzata come l'attuale, in cui c'è
il rischio di perdere la capacità percettiva in
relazione ai segni e ai simboli. Più che informare,
la catechesi mistagogica dovrà risvegliare ed
educare la sensibilità dei fedeli per il linguaggio
dei segni e dei gesti che, uniti alla parola,
costituiscono il rito.
c) Infine, la catechesi
mistagogica deve preoccuparsi di mostrare il
significato dei riti in relazione alla vita
cristiana in tutte le sue dimensioni, di lavoro
e di impegno, di pensieri e di affetti, di attività
e di riposo. È parte dell'itinerario mistagogico
porre in evidenza il nesso dei misteri celebrati nel
rito con la responsabilità missionaria dei fedeli.
In tal senso, l'esito maturo della mistagogia è la
consapevolezza che la propria esistenza viene
progressivamente trasformata dai santi Misteri
celebrati. Scopo di tutta l'educazione cristiana,
del resto, è di formare il fedele, come « uomo nuovo
», ad una fede adulta, che lo renda capace di
testimoniare nel proprio ambiente la speranza
cristiana da cui è animato.
Per poter svolgere all'interno delle
nostre comunità ecclesiali un tale compito educativo
occorre avere formatori adeguatamente preparati.
Certamente tutto il Popolo di Dio deve sentirsi
impegnato in questa formazione. Ogni comunità
cristiana è chiamata ad essere luogo di introduzione
pedagogica ai misteri che si celebrano nella fede. A
questo riguardo, i Padri durante il Sinodo hanno
sottolineato l'opportunità di un maggior
coinvolgimento delle Comunità di vita consacrata,
dei movimenti e delle aggregazioni che, in forza dei
loro propri carismi, possono arrecare nuovo slancio
alla formazione cristiana.(188) Anche nel nostro
tempo lo Spirito Santo non lesina certo l'effusione
dei suoi doni per sostenere la missione apostolica
della Chiesa, a cui spetta di diffondere la fede e
di educarla fino alla sua maturità.(189)
La riverenza verso
l'Eucaristia
65. Un segnale convincente
dell'efficacia che la catechesi eucaristica ha sui
fedeli è sicuramente la crescita in loro del senso
del mistero di Dio presente tra noi. Ciò può essere
verificato attraverso specifiche manifestazioni di
riverenza verso l'Eucaristia, a cui il percorso
mistagogico deve introdurre i fedeli.(190) Penso, in
senso generale, all'importanza dei gesti e della
postura, come l'inginocchiarsi durante i momenti
salienti della preghiera eucaristica. Nell'adeguarsi
alla legittima diversità di segni che si compiono
nel contesto delle differenti culture, ciascuno viva
ed esprima la consapevolezza di trovarsi in ogni
celebrazione davanti alla maestà infinita di Dio,
che ci raggiunge in modo umile nei segni
sacramentali.
Adorazione
e pietà eucaristica
Il rapporto intrinseco tra
celebrazione e adorazione
66. Uno dei momenti più intensi del
Sinodo è stato quando ci siamo recati nella Basilica
di San Pietro, insieme a tanti fedeli per
l'adorazione eucaristica. Con tale gesto di
preghiera, l'Assemblea dei Vescovi ha inteso
richiamare l'attenzione, non solo con le parole,
sull'importanza della relazione intrinseca tra
Celebrazione eucaristica e adorazione. In questo
significativo aspetto della fede della Chiesa si
trova uno degli elementi decisivi del cammino
ecclesiale, compiuto dopo il rinnovamento liturgico
voluto dal
Concilio Vaticano II. Mentre la riforma muoveva
i primi passi, a volte l'intrinseco rapporto tra la
santa Messa e l'adorazione del Ss.mo Sacramento non
fu abbastanza chiaramente percepito. Un'obiezione
allora diffusa prendeva spunto, ad esempio, dal
rilievo secondo cui il Pane eucaristico non ci
sarebbe stato dato per essere contemplato, ma per
essere mangiato. In realtà, alla luce
dell'esperienza di preghiera della Chiesa, tale
contrapposizione si rivelava priva di ogni
fondamento. Già Agostino aveva detto: « nemo
autem illam carnem manducat, nisi prius adoraverit;
peccemus non adorando – Nessuno mangia questa
carne senza prima adorarla; peccheremmo se non la
adorassimo ».(191) Nell'Eucaristia, infatti, il
Figlio di Dio ci viene incontro e desidera unirsi a
noi; l'adorazione eucaristica non è che l'ovvio
sviluppo della Celebrazione eucaristica, la quale è
in se stessa il più grande atto d'adorazione della
Chiesa.(192) Ricevere l'Eucaristia significa porsi
in atteggiamento di adorazione verso Colui che
riceviamo. Proprio così e soltanto così diventiamo
una cosa sola con Lui e pregustiamo in anticipo, in
qualche modo, la bellezza della liturgia celeste.
L'atto di adorazione al di fuori della santa Messa
prolunga ed intensifica quanto s'è fatto nella
Celebrazione liturgica stessa. Infatti, « soltanto
nell'adorazione può maturare un'accoglienza profonda
e vera. E proprio in questo atto personale di
incontro col Signore matura poi anche la missione
sociale che nell'Eucaristia è racchiusa e che vuole
rompere le barriere non solo tra il Signore e noi,
ma anche e soprattutto le barriere che ci separano
gli uni dagli altri ».(193)
La pratica dell'adorazione
eucaristica
67. Insieme all'Assemblea sinodale,
pertanto, raccomando vivamente ai Pastori della
Chiesa e al Popolo di Dio la pratica dell'adorazione
eucaristica, sia personale che comunitaria.(194) A
questo proposito, di grande giovamento sarà
un'adeguata catechesi in cui si spieghi ai fedeli
l'importanza di questo atto di culto che permette di
vivere più profondamente e con maggiore frutto la
stessa Celebrazione liturgica. Nel limite del
possibile, poi, soprattutto nei centri più popolosi,
converrà individuare chiese od oratori da riservare
appositamente all'adorazione perpetua. Inoltre,
raccomando che nella formazione catechistica, ed in
particolare negli itinerari di preparazione alla
Prima Comunione, si introducano i fanciulli al senso
e alla bellezza di sostare in compagnia di Gesù,
coltivando lo stupore per la sua presenza
nell'Eucaristia.
Vorrei qui esprimere ammirazione e
sostegno a tutti quegli Istituti di vita consacrata
i cui membri dedicano una parte significativa del
loro tempo all'adorazione eucaristica. In tal modo
essi offrono a tutti l'esempio di persone che si
lasciano plasmare dalla presenza reale del Signore.
Desidero ugualmente incoraggiare quelle associazioni
di fedeli, come anche le Confraternite, che assumono
questa pratica come loro speciale impegno,
diventando così fermento di contemplazione per tutta
la Chiesa e richiamo alla centralità di Cristo per
la vita dei singoli e delle comunità.
Forme di devozione eucaristica
68. Il rapporto personale che il
singolo fedele instaura con Gesù, presente
nell'Eucaristia, lo rimanda sempre all'insieme della
comunione ecclesiale, alimentando in lui la
consapevolezza della sua appartenenza al Corpo di
Cristo. Per questo, oltre ad invitare i singoli
fedeli a trovare personalmente del tempo da
trascorrere in preghiera davanti al Sacramento
dell'altare, ritengo doveroso sollecitare le stesse
parrocchie e gli altri gruppi ecclesiali a
promuovere momenti di adorazione comunitaria.
Ovviamente, conservano tutto il loro valore le già
esistenti forme di devozione eucaristica. Penso, ad
esempio, alle processioni eucaristiche, soprattutto
alla tradizionale processione nella solennità del
Corpus Domini, alla pia pratica delle
Quarant'ore, ai Congressi eucaristici locali,
nazionali e internazionali, e alle altre iniziative
analoghe. Opportunamente aggiornate e adattate alle
circostanze diverse, tali forme di devozione
meritano di essere anche oggi coltivate.(195)
Il luogo del tabernacolo nella
chiesa
69. In relazione all'importanza
della custodia eucaristica e dell'adorazione e
riverenza nei confronti del sacramento del
Sacrificio di Cristo, il Sinodo dei Vescovi si è
interrogato riguardo all'adeguata collocazione del
tabernacolo all'interno delle nostre chiese.(196) La
sua corretta posizione, infatti, aiuta a riconoscere
la presenza reale di Cristo nel Santissimo
Sacramento. È necessario pertanto che il luogo in
cui vengono conservate le specie eucaristiche sia
facilmente individuabile, grazie anche alla lampada
perenne, da chiunque entri in chiesa. A tale fine,
occorre tenere conto della disposizione
architettonica dell'edificio sacro: nelle chiese in
cui non esiste la cappella del Santissimo Sacramento
e permane l'altare maggiore con il tabernacolo, è
opportuno continuare ad avvalersi di tale struttura
per la conservazione ed adorazione dell'Eucaristia,
evitando di collocarvi innanzi la sede del
celebrante. Nelle nuove chiese è bene predisporre la
cappella del Santissimo in prossimità del
presbiterio; ove ciò non sia possibile, è
preferibile situare il tabernacolo nel presbiterio,
in luogo sufficientemente elevato, al centro della
zona absidale, oppure in altro punto ove sia
ugualmente ben visibile. Tali accorgimenti
concorrono a conferire dignità al tabernacolo, che
deve sempre essere curato anche sotto il profilo
artistico. Ovviamente è necessario tener conto di
quanto afferma in proposito l'Ordinamento
Generale del Messale Romano.(197) Il giudizio
ultimo su questa materia spetta comunque al Vescovo
diocesano.
TERZA PARTE
EUCARISTIA, MISTERO DA VIVERE
« Come il Padre, che ha la
vita, ha mandato me e io vivo per il Padre,
così anche colui che mangia di me vivrà per me » (Gv
6,57)
Forma eucaristica della vita cristiana
Il culto spirituale – logiké
latreía (Rm 12,1)
70. Il Signore Gesù, fattosi per noi
cibo di verità e di amore, parlando del dono della
sua vita ci assicura che « chi mangia di questo pane
vivrà in eterno » (Gv 6,51). Ma questa « vita
eterna » inizia in noi già in questo tempo
attraverso il cambiamento che il dono eucaristico
genera in noi: « Colui che mangia di me vivrà per me
» (Gv 6,57). Queste parole di Gesù ci fanno
capire come il mistero « creduto » e « celebrato »
possegga in sé un dinamismo che ne fa principio di
vita nuova in noi e forma dell'esistenza cristiana.
Comunicando al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo,
infatti, veniamo resi partecipi della vita divina in
modo sempre più adulto e consapevole. Vale anche qui
quanto sant'Agostino, nelle sue Confessioni,
dice del Logos eterno, cibo dell'anima:
mettendo in rilievo il carattere paradossale di
questo cibo, il santo Dottore immagina di sentirsi
dire: « Sono il cibo dei grandi: cresci e mi
mangerai. E non io sarò assimilato a te come cibo
della tua carne, ma tu sarai assimilato a me ».(198)
Infatti non è l'alimento eucaristico che si
trasforma in noi, ma siamo noi che veniamo da esso
misteriosamente cambiati. Cristo ci nutre unendoci a
sé; « ci attira dentro di sé ».(199)
La Celebrazione eucaristica appare
qui in tutta la sua forza quale fonte e culmine
dell'esistenza ecclesiale, in quanto esprime, nello
stesso tempo, sia la genesi che il compimento del
nuovo e definitivo culto, la logiké latreía.(200)
Le parole di san Paolo ai Romani a questo proposito
sono la formulazione più sintetica di come
l'Eucaristia trasformi tutta la nostra vita in culto
spirituale gradito a Dio: « Vi esorto dunque,
fratelli, per la misericordia di Dio, ad offrire i
vostri corpi come sacrificio vivente, santo e
gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale »
(Rm 12,1). In questa esortazione emerge
l'immagine del nuovo culto come offerta totale della
propria persona in comunione con tutta la Chiesa.
L'insistenza dell'Apostolo sull'offerta dei nostri
corpi sottolinea l'umana concretezza di un culto
tutt'altro che disincarnato. Ancora il Santo di
Ippona a questo proposito ci ricorda che « questo è
il sacrificio dei cristiani, l'essere cioè molti e
un solo corpo in Cristo. La Chiesa celebra questo
mistero col Sacramento dell'altare, che i fedeli ben
conoscono, e nel quale le si mostra chiaramente che
nella cosa che si offre essa stessa è offerta
».(201) La dottrina cattolica, infatti, afferma che
l'Eucaristia, in quanto sacrificio di Cristo, è
anche sacrificio della Chiesa, e quindi dei
fedeli.(202) L'insistenza sul sacrificio – « fare
sacro » – dice qui tutta la densità esistenziale
implicata nella trasformazione della nostra realtà
umana afferrata da Cristo (cfr Fil 3,12).
Efficacia onnicomprensiva del
culto eucaristico
71. Il nuovo culto cristiano
abbraccia ogni aspetto dell'esistenza,
trasfigurandola: « Sia dunque che mangiate sia che
beviate, sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate
tutto per la gloria di Dio » (1 Cor 10,31).
In ogni atto della vita il cristiano è chiamato ad
esprimere il vero culto a Dio. Da qui prende forma
la natura intrinsecamente eucaristica della vita
cristiana. In quanto coinvolge la realtà umana del
credente nella sua concretezza quotidiana,
l'Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la
progressiva trasfigurazione dell'uomo chiamato per
grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr
Rm 8,29s). Non c'è nulla di autenticamente
umano – pensieri ed affetti, parole ed opere – che
non trovi nel sacramento dell'Eucaristia la forma
adeguata per essere vissuto in pienezza. Qui emerge
tutto il valore antropologico della novità radicale
portata da Cristo con l'Eucaristia: il culto a Dio
nell'esistenza umana non è relegabile ad un momento
particolare e privato, ma per natura sua tende a
pervadere ogni aspetto della realtà dell'individuo.
Il culto gradito a Dio diviene così un nuovo modo di
vivere tutte le circostanze dell'esistenza in cui
ogni particolare viene esaltato, in quanto vissuto
dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio.
La gloria di Dio è l'uomo vivente (cfr 1 Cor
10,31). E la vita dell'uomo è la visione di
Dio.(203)
« Iuxta dominicam viventes » –
Vivere secondo la domenica
72. Questa radicale novità che
l'Eucaristia introduce nella vita dell'uomo si è
rivelata alla coscienza cristiana fin dall'inizio. I
fedeli hanno subito percepito il profondo influsso
che la Celebrazione eucaristica esercitava sullo
stile della loro vita. Sant'Ignazio di Antiochia
esprimeva questa verità qualificando i cristiani
come « coloro che sono giunti alla nuova speranza »,
e li presentava come coloro che vivono « secondo la
domenica » (iuxta dominicam viventes).(204)
Questa formula del grande martire antiocheno mette
chiaramente in luce il nesso tra la realtà
eucaristica e l'esistenza cristiana nella sua
quotidianità. La consuetudine caratteristica dei
cristiani di riunirsi nel primo giorno dopo il
sabato per celebrare la risurrezione di Cristo –
secondo il racconto di san Giustino martire(205) – è
anche il dato che definisce la forma dell'esistenza
rinnovata dall'incontro con Cristo. La formula di
sant'Ignazio – « Vivere secondo la domenica » –
sottolinea pure il valore paradigmatico che questo
giorno santo possiede per ogni altro giorno della
settimana. Esso, infatti, non si distingue in base
alla semplice sospensione delle attività solite,
come una sorta di parentesi all'interno del ritmo
usuale dei giorni. I cristiani hanno sempre sentito
questo giorno come il primo della settimana, perché
in esso si fa memoria della radicale novità portata
da Cristo. Pertanto, la domenica è il giorno in cui
il cristiano ritrova quella forma eucaristica della
sua esistenza secondo la quale è chiamato a vivere
costantemente. « Vivere secondo la domenica » vuol
dire vivere nella consapevolezza della liberazione
portata da Cristo e svolgere la propria esistenza
come offerta di se stessi a Dio, perché la sua
vittoria si manifesti pienamente a tutti gli uomini
attraverso una condotta intimamente rinnovata.
Vivere il precetto festivo
73. I Padri sinodali, consapevoli di
questo principio nuovo di vita che l'Eucaristia pone
nel cristiano, hanno ribadito l'importanza per tutti
i fedeli del precetto domenicale come fonte di
libertà autentica, per poter vivere ogni altro
giorno secondo quanto hanno celebrato nel « giorno
del Signore ». La vita di fede, infatti, è in
pericolo quando non si avverte più il desiderio di
partecipare alla Celebrazione eucaristica in cui si
fa memoria della vittoria pasquale. Partecipare
all'assemblea liturgica domenicale, insieme a tutti
i fratelli e le sorelle con i quali si forma un solo
corpo in Cristo Gesù, è richiesto dalla coscienza
cristiana e al tempo stesso forma la coscienza
cristiana. Smarrire il senso della domenica come
giorno del Signore da santificare è sintomo di una
perdita del senso autentico della libertà cristiana,
la libertà dei figli di Dio (206). Rimangono
preziose, a questo riguardo, le osservazioni fatte
dal mio venerato predecessore, Giovanni Paolo II,
nella Lettera apostolica
Dies Domini (207), a proposito delle diverse
dimensioni della domenica per i cristiani: essa è
Dies Domini, in riferimento all'opera della
creazione; Dies Christi in quanto giorno
della nuova creazione e del dono che il Signore
Risorto fa dello Spirito Santo; Dies Ecclesiae
come giorno in cui la comunità cristiana si ritrova
per la celebrazione; Dies hominis come giorno
di gioia, riposo e carità fraterna.
Un tale giorno, pertanto, si
manifesta come festa primordiale, nella quale ogni
fedele, nell'ambiente in cui vive, può farsi
annunziatore e custode del senso del tempo. Da
questo giorno, in effetti, scaturisce il senso
cristiano dell'esistenza ed un nuovo modo di vivere
il tempo, le relazioni, il lavoro, la vita e la
morte. È bene, dunque, che nel giorno del Signore le
realtà ecclesiali organizzino, intorno alla
Celebrazione eucaristica domenicale, manifestazioni
proprie della comunità cristiana: incontri
amichevoli, iniziative per la formazione nella fede
di bambini, giovani e adulti, pellegrinaggi, opere
di carità e momenti diversi di preghiera. A motivo
di questi valori così importanti – per quanto
giustamente il sabato sera sin dai Primi Vespri
appartenga già alla Domenica e sia permesso
adempiere in esso al precetto domenicale – è
necessario rammentare che è la domenica in se stessa
che merita di essere santificata, perché non finisca
per risultare un giorno « vuoto di Dio ».(208)
Il senso del riposo e del
lavoro
74. Infine, è particolarmente
urgente in questo nostro tempo ricordare che il
giorno del Signore è anche il giorno del riposo dal
lavoro. Ci auguriamo vivamente che esso sia
riconosciuto come tale anche dalla società civile,
così che sia possibile essere liberi dalle attività
lavorative, senza venire per questo penalizzati. I
cristiani, infatti, non senza rapporto con il
significato del sabato nella tradizione ebraica,
hanno visto nel giorno del Signore anche il giorno
del riposo dalla fatica quotidiana. Ciò ha un suo
preciso senso, perché costituisce una
relativizzazione del lavoro, che viene
finalizzato all'uomo: il lavoro è per l'uomo e non
l'uomo per il lavoro. È facile intuire la tutela che
da ciò viene offerta all'uomo stesso, che risulta
così emancipato da una possibile forma di schiavitù.
Come ho avuto modo di affermare, « il lavoro riveste
primaria importanza per la realizzazione dell'uomo e
per lo sviluppo della società, e per questo occorre
che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno
rispetto dell'umana dignità e al servizio del bene
comune. Al tempo stesso, è indispensabile che l'uomo
non si lasci asservire dal lavoro, che non lo
idolatri, pretendendo di trovare in esso il senso
ultimo e definitivo della vita » (209). È nel giorno
consacrato a Dio che l'uomo comprende il senso della
sua esistenza ed anche dell'attività
lavorativa.(210)
Assemblee domenicali in
assenza di sacerdote
75. Riscoprendo il significato della
Celebrazione domenicale per la vita del cristiano, è
spontaneo porsi il problema di quelle comunità
cristiane in cui manca il sacerdote e dove, di
conseguenza, non è possibile celebrare la santa
Messa nel Giorno del Signore. Occorre dire, a questo
proposito, che ci troviamo di fronte a situazioni
assai diversificate tra loro. Il Sinodo ha
raccomandato innanzitutto ai fedeli di recarsi in
una delle chiese della Diocesi in cui è garantita la
presenza del sacerdote, anche quando ciò richiede un
certo sacrificio (211). Là dove, invece, le grandi
distanze rendono praticamente impossibile la
partecipazione all'Eucaristia domenicale, è
importante che le comunità cristiane si radunino
ugualmente per lodare il Signore e fare memoria del
Giorno a Lui dedicato. Ciò dovrà tuttavia avvenire
nel contesto di un'adeguata istruzione circa la
differenza tra la santa Messa e le assemblee
domenicali in attesa di sacerdote. La cura pastorale
della Chiesa si deve esprimere in questo caso nel
vigilare perché la liturgia della Parola,
organizzata sotto la guida di un diacono o di un
responsabile della comunità al quale tale ministero
sia stato regolarmente affidato dall'autorità
competente, si compia secondo un rituale specifico
elaborato dalle Conferenze episcopali e a tale scopo
da esse approvato (212). Ricordo che spetta agli
Ordinari concedere la facoltà di distribuire la
comunione in tali liturgie, valutando attentamente
la convenienza di una certa scelta. Inoltre, si deve
fare in modo che tali assemblee non ingenerino
confusione sul ruolo centrale del sacerdote e sulla
componente sacramentale nella vita della Chiesa.
L'importanza del ruolo dei laici, che vanno
giustamente ringraziati per la loro generosità al
servizio delle comunità cristiane, non deve mai
occultare il ministero insostituibile dei sacerdoti
per la vita della Chiesa.(213) Pertanto, si vigili
attentamente a che le assemblee in attesa di
sacerdote non diano adito a visioni ecclesiologiche
non aderenti alla verità del Vangelo e alla
tradizione della Chiesa. Piuttosto dovrebbero essere
occasioni privilegiate di preghiera a Dio perché
mandi santi sacerdoti secondo il suo cuore.
Toccante, a questo proposito, quanto scriveva il
Papa Giovanni Paolo II nella
Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo
1979, ricordando quei luoghi dove la gente, privata
del sacerdote da parte del regime dittatoriale, si
riuniva in una chiesa o in un santuario, metteva
sull'altare la stola ancora conservata e recitava le
preghiera della liturgia eucaristica fermandosi in
silenzio « al momento che corrisponde alla
transustanziazione », a testimonianza di quanto «
ardentemente essi desiderano di udire le parole che
solo le labbra di un sacerdote possono efficacemente
pronunciare ».(214) Proprio in questa prospettiva,
considerato il bene incomparabile derivante dalla
celebrazione del Sacrificio eucaristico, chiedo a
tutti i sacerdoti una fattiva e concreta
disponibilità a visitare il più spesso possibile le
comunità affidate alla loro cura pastorale, perché
non rimangano troppo tempo senza il Sacramento della
carità.
Una forma eucaristica
dell'esistenza cristiana, l'appartenenza ecclesiale
76. L'importanza della domenica come
Dies Ecclesiae ci richiama alla relazione
intrinseca tra la vittoria di Gesù sul male e sulla
morte e la nostra appartenenza al suo Corpo
ecclesiale. Ogni cristiano, infatti, nel Giorno del
Signore ritrova anche la dimensione comunitaria
della propria esistenza redenta. Partecipare
all'azione liturgica, comunicare al Corpo e al
Sangue di Cristo vuol dire nello stesso tempo
rendere sempre più intima e profonda la propria
appartenenza a Colui che è morto per noi (cfr 1
Cor 6,19s; 7,23). Veramente chi mangia di Cristo
vive per Lui. In relazione al Mistero eucaristico si
comprende il senso profondo della communio
sanctorum. La comunione ha sempre ed
inseparabilmente una connotazione verticale ed una
orizzontale: comunione con Dio e comunione con i
fratelli e le sorelle. Le due dimensioni si
incontrano misteriosamente nel dono eucaristico. «
Dove si distrugge la comunione con Dio, che è
comunione col Padre, col Figlio e con lo Spirito
Santo, si distrugge anche la radice e la sorgente
della comunione fra di noi. E dove non viene vissuta
la comunione fra di noi, anche la comunione col Dio
Trinitario non è viva e vera ».(215) Chiamati,
pertanto, ad essere membra di Cristo e dunque membra
gli uni degli altri (cfr 1 Cor 12,27), noi
costituiamo una realtà ontologicamente fondata nel
Battesimo e alimentata dall'Eucaristia, una realtà
che chiede di trovare riscontro sensibile nella vita
delle nostre comunità.
La forma eucaristica dell'esistenza
cristiana è indubbiamente una forma ecclesiale e
comunitaria. Attraverso la Diocesi e le parrocchie,
quali strutture portanti della Chiesa in un
particolare territorio, ogni fedele può fare
esperienza concreta della sua appartenenza al Corpo
di Cristo. Associazioni, movimenti ecclesiali e
nuove comunità – con la vivacità dei loro carismi
donati dallo Spirito Santo per il nostro tempo –
come pure gli Istituti di vita consacrata, hanno il
compito di offrire un loro specifico contributo per
favorire nei fedeli la percezione di questo loro
essere del Signore (cfr Rm 14,8). Il
fenomeno della secolarizzazione, che contiene non a
caso caratteri fortemente individualistici, ottiene
i suoi effetti deleteri soprattutto nelle persone
che si isolano e per scarso senso di appartenenza.
Il cristianesimo, fin dal suo inizio, implica sempre
una compagnia, una trama di rapporti vivificati
continuamente dall'ascolto della Parola, dalla
Celebrazione eucaristica e animati dallo Spirito
Santo.
Spiritualità e cultura
eucaristica
77. I Padri sinodali hanno
significativamente affermato che « i fedeli
cristiani hanno bisogno di una più profonda
comprensione delle relazioni tra l'Eucaristia e la
vita quotidiana. La spiritualità eucaristica non è
soltanto partecipazione alla Messa e devozione al
Santissimo Sacramento. Essa abbraccia la vita intera
» (216). Questo rilievo riveste per tutti noi oggi
particolare significato. Occorre riconoscere che uno
degli effetti più gravi della secolarizzazione
poc'anzi menzionata sta nell'aver relegato la fede
cristiana ai margini dell'esistenza, come se essa
fosse inutile per quanto riguarda lo svolgimento
concreto della vita degli uomini. Il fallimento di
questo modo di vivere « come se Dio non ci fosse » è
ora davanti a tutti. Oggi c'è bisogno di riscoprire
che Gesù Cristo non è una semplice convinzione
privata o una dottrina astratta, ma una persona
reale il cui inserimento nella storia è capace di
rinnovare la vita di tutti. Per questo l'Eucaristia
come fonte e culmine della vita e missione della
Chiesa si deve tradurre in spiritualità, in vita «
secondo lo Spirito » (Rm 8,4s; cfr Gal
5,16.25). È significativo che san Paolo, nel passo
della Lettera ai Romani in cui invita a
vivere il nuovo culto spirituale, richiami
contemporaneamente alla necessità del cambiamento
del proprio modo di vivere e di pensare: « Non
conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma
trasformatevi, rinnovando la vostra mente, per poter
discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui
gradito e perfetto » (12,2). In tal modo, l'Apostolo
delle genti sottolinea il legame tra il vero culto
spirituale e la necessità di un nuovo modo di
percepire l'esistenza e di condurre la vita. È parte
integrante della forma eucaristica della vita
cristiana il rinnovamento di mentalità, « affinché
non siamo più come fanciulli sballottati dalle onde
e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina »
(Ef 4,14).
Eucaristia ed evangelizzazione
delle culture
78. Da quanto affermato consegue che
il Mistero eucaristico ci mette in dialogo
con le differenti culture, ma anche in un certo
senso le sfida (217). Occorre riconoscere il
carattere interculturale di questo nuovo culto, di
questa logiké latreía. La presenza di Gesù
Cristo e l'effusione dello Spirito Santo sono eventi
che possono stabilmente confrontarsi con ogni realtà
culturale, per fermentarla evangelicamente. Ciò
comporta conseguentemente l'impegno di promuovere
con convinzione l'evangelizzazione delle culture,
nella consapevolezza che Cristo stesso è la verità
di ogni uomo e di tutta la storia umana.
L'Eucaristia diviene criterio di valorizzazione di
tutto ciò che il cristiano incontra nelle varie
espressioni culturali. In questo importante processo
possiamo sentire quanto mai significative le parole
di san Paolo che invita nella sua Prima Lettera
ai Tessalonicesi a « esaminare ogni cosa e a
tenere ciò che è buono » (cfr 5,21).
Eucaristia e fedeli laici
79. In Cristo, Capo della Chiesa suo
Corpo, tutti i cristiani formano « la stirpe eletta,
il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo
che Dio si è acquistato perché proclami le opere
meravigliose di Lui » (1 Pt 2,9).
L'Eucaristia, come mistero da vivere, si offre a
ciascuno di noi nella condizione in cui egli si
trova, facendo diventare la sua situazione
esistenziale luogo in cui vivere quotidianamente la
novità cristiana. Se il Sacrificio eucaristico
alimenta ed accresce in noi quanto ci è già dato nel
Battesimo per il quale tutti siamo chiamati alla
santità (218), allora questo deve emergere e
mostrarsi proprio nelle situazioni o stati di vita
in cui ogni cristiano si trova. Si diviene giorno
per giorno culto gradito a Dio vivendo la propria
vita come vocazione. A partire dalla convocazione
liturgica, è lo stesso sacramento dell'Eucaristia ad
impegnarci nella realtà quotidiana perché tutto sia
fatto a gloria di Dio.
E poiché il mondo è « il campo » (Mt
13,38) in cui Dio pone i suoi figli come buon seme,
i cristiani laici, in forza del Battesimo e della
Cresima, e corroborati dall'Eucaristia, sono
chiamati a vivere la novità radicale portata da
Cristo proprio all'interno delle comuni condizioni
della vita.(219) Essi devono coltivare il desiderio
che l'Eucaristia incida sempre più profondamente
nella loro esistenza quotidiana, portandoli ad
essere testimoni riconoscibili nel proprio ambiente
di lavoro e nella società tutta.(220) Un particolare
incoraggiamento rivolgo alle famiglie, perché
traggano ispirazione e forza da questo Sacramento.
L'amore tra l'uomo e la donna, l'accoglienza della
vita, il compito educativo si rivelano quali ambiti
privilegiati in cui l'Eucaristia può mostrare la sua
capacità di trasformare e portare a pienezza di
significato l'esistenza.(221) I Pastori non manchino
mai di sostenere, educare ed incoraggiare i fedeli
laici a vivere pienamente la propria vocazione alla
santità dentro quel mondo che Dio ha tanto amato da
dare il suo Figlio perché ne diventasse la salvezza
(cfr Gv 3,16).
Eucaristia e spiritualità
sacerdotale
80. La forma eucaristica
dell'esistenza cristiana si manifesta indubbiamente
in modo particolare nello stato di vita sacerdotale.
La spiritualità sacerdotale è intrinsecamente
eucaristica. Il seme di una tale spiritualità si
trova già nelle parole che il Vescovo pronuncia
nella liturgia dell'Ordinazione: « Ricevi le offerte
del popolo santo per il Sacrificio eucaristico.
Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che
celebrerai, conforma la tua vita al mistero della
croce di Cristo Signore ».(222) Per dare alla sua
esistenza una sempre più compiuta forma eucaristica,
il sacerdote, già nel periodo di formazione e poi
negli anni successivi, deve fare ampio spazio alla
vita spirituale.(223) Egli è chiamato a essere
continuamente un autentico ricercatore di Dio, pur
restando al contempo vicino alle preoccupazioni
degli uomini. Una vita spirituale intensa gli
permetterà di entrare più profondamente in comunione
con il Signore e l'aiuterà a lasciarsi possedere
dall'amore di Dio, divenendone testimone in ogni
circostanza anche difficile e buia. A tale scopo,
insieme con i Padri del Sinodo, raccomando ai
sacerdoti « la celebrazione quotidiana della santa
Messa, anche quando non ci fosse partecipazione di
fedeli ».(224) Tale raccomandazione si accorda
innanzitutto con il valore oggettivamente infinito
di ogni Celebrazione eucaristica; e trae poi motivo
dalla sua singolare efficacia spirituale, perché, se
vissuta con attenzione e fede, la santa Messa è
formativa nel senso più profondo del termine, in
quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda
il sacerdote nella sua vocazione.
Eucaristia e vita consacrata
81. Nel contesto della relazione tra
l'Eucaristia e le diverse vocazioni ecclesiali
risplende in particolare « la testimonianza
profetica delle consacrate e dei consacrati, che
trovano nella Celebrazione eucaristica e
nell'adorazione la forza per la sequela radicale di
Cristo obbediente, povero e casto ».(225) I
consacrati e le consacrate, pur svolgendo molti
servizi nel campo della formazione umana e della
cura dei poveri, nell'insegnamento o nell'assistenza
dei malati, sanno che lo scopo principale della loro
vita è « la contemplazione delle verità divine e la
costante unione con Dio ».(226) Il contributo
essenziale che la Chiesa si aspetta dalla vita
consacrata è molto più in ordine all'essere che al
fare. In questo contesto vorrei richiamare
l'importanza della testimonianza verginale proprio
in relazione al mistero dell'Eucaristia. Infatti,
oltre al legame con il celibato sacerdotale, il
Mistero eucaristico manifesta un intrinseco rapporto
con la verginità consacrata, in quanto questa è
espressione della dedizione esclusiva della Chiesa a
Cristo, che essa accoglie come suo Sposo con fedeltà
radicale e feconda.(227) Nell'Eucaristia la
verginità consacrata trova ispirazione ed alimento
per la sua dedizione totale a Cristo.
Dall'Eucaristia inoltre essa trae conforto e spinta
per essere, anche nel nostro tempo, segno dell'amore
gratuito e fecondo che Dio ha verso l'umanità.
Infine, mediante la sua specifica testimonianza, la
vita consacrata diviene oggettivamente richiamo e
anticipazione di quelle « nozze dell'Agnello » (Ap
19,7.9), in cui è posta la meta di tutta la storia
della salvezza. In tal senso essa costituisce un
efficace rimando a quell'orizzonte escatologico di
cui ogni uomo ha bisogno per poter orientare le
proprie scelte e decisioni di vita.
Eucaristia e trasformazione
morale
82. Scoprendo la bellezza della
forma eucaristica dell'esistenza cristiana siamo
portati anche a riflettere sulle energie morali che
da tale forma vengono attivate a sostegno
dell'autentica libertà propria dei figli di Dio.
Intendo con ciò riprendere una tematica emersa nel
Sinodo riguardo al legame tra forma eucaristica
dell'esistenza e trasformazione morale.
Il Papa Giovanni Paolo II aveva affermato che la
vita morale « possiede il valore di un « culto
spirituale » (Rm 12,1; cfr Fil 3,3),
attinto e alimentato da quella inesauribile sorgente
di santità e di glorificazione di Dio che sono i
Sacramenti, in specie l'Eucaristia: infatti,
partecipando al Sacrificio della Croce, il cristiano
comunica con l'amore di donazione di Cristo ed è
abilitato e impegnato a vivere questa stessa carità
in tutti i suoi atteggiamenti e comportamenti di
vita ».(228) In definitiva, « nel « culto » stesso,
nella comunione eucaristica è contenuto l'essere
amati e l'amare a propria volta gli altri.
Un'Eucaristia che non si traduca in amore
concretamente praticato è in se stessa frammentata
».(229)
Questo richiamo alla valenza morale
del culto spirituale non va interpretato in chiave
moralistica. È innanzitutto la felice scoperta del
dinamismo dell'amore nel cuore di chi accoglie il
dono del Signore, si abbandona a Lui e trova la vera
libertà. La trasformazione morale, implicata nel
nuovo culto istituito da Cristo, è una tensione e un
desiderio cordiale di voler corrispondere all'amore
del Signore con tutto il proprio essere, pur nella
consapevolezza della propria fragilità. Ciò di cui
parliamo ben si rispecchia nel racconto evangelico
relativo a Zaccheo (cfr Lc 19,1-10). Dopo
aver ospitato Gesù nella sua casa, il pubblicano si
ritrova completamente trasformato: decide di dare
metà dei suoi averi ai poveri e di restituire
quattro volte tanto a coloro ai quali ha rubato. La
tensione morale che nasce dall'ospitare Gesù nella
nostra vita scaturisce dalla gratitudine per aver
sperimentato l'immeritata vicinanza del Signore.
Coerenza eucaristica
83. È importante rilevare ciò che i
Padri sinodali hanno qualificato come coerenza
eucaristica, a cui la nostra esistenza è
oggettivamente chiamata. Il culto gradito a Dio,
infatti, non è mai atto meramente privato, senza
conseguenze sulle nostre relazioni sociali: esso
richiede la pubblica testimonianza della propria
fede. Ciò vale ovviamente per tutti i battezzati, ma
si impone con particolare urgenza nei confronti di
coloro che, per la posizione sociale o politica che
occupano, devono prendere decisioni a proposito di
valori fondamentali, come il rispetto e la difesa
della vita umana, dal concepimento fino alla morte
naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra
uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e
la promozione del bene comune in tutte le sue
forme.(230) Tali valori non sono negoziabili.
Pertanto, i politici e i legislatori cattolici,
consapevoli della loro grave responsabilità sociale,
devono sentirsi particolarmente interpellati dalla
loro coscienza, rettamente formata, a presentare e
sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella
natura umana.(231) Ciò ha peraltro un nesso
obiettivo con l'Eucaristia (cfr 1 Cor
11,27-29). I Vescovi sono tenuti a richiamare
costantemente tali valori; ciò fa parte della loro
responsabilità nei confronti del gregge loro
affidato.(232)
Eucaristia, mistero da annunciare
Eucaristia e missione
84. Nell'omelia durante la
Celebrazione eucaristica con cui ho dato inizio
solenne al mio ministero sulla Cattedra di Pietro ho
detto: « Non vi è niente di più bello che essere
raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è
niente di più bello che conoscere Lui e comunicare
agli altri l'amicizia con Lui ».(233) Questa
affermazione acquista una più forte intensità se
pensiamo al Mistero eucaristico. In effetti, non
possiamo tenere per noi l'amore che celebriamo nel
Sacramento. Esso chiede per sua natura di essere
comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è
l'amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in
Lui. Per questo l'Eucaristia non è solo fonte e
culmine della vita della Chiesa; lo è anche della
sua missione: « Una Chiesa autenticamente
eucaristica è una Chiesa missionaria ».(234) Anche
noi dobbiamo poter dire ai nostri fratelli con
convinzione: « Quello che abbiamo veduto e udito,
noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi
siate in comunione con noi! » (1 Gv 1,3).
Veramente non c'è niente di più bello che incontrare
e comunicare Cristo a tutti. La stessa istituzione
dell'Eucaristia, del resto, anticipa ciò che
costituisce il cuore della missione di Gesù: Egli è
l'inviato del Padre per la redenzione del mondo (cfr
Gv 3,16- 17; Rm 8,32). Nell'Ultima
Cena Gesù affida ai suoi discepoli il Sacramento che
attualizza il sacrificio da Lui fatto di se stesso
in obbedienza al Padre per la salvezza di tutti noi.
Non possiamo accostarci alla Mensa eucaristica senza
lasciarci trascinare nel movimento della missione
che, prendendo avvio dal Cuore stesso di Dio, mira a
raggiungere tutti gli uomini. Pertanto, è parte
costitutiva della forma eucaristica dell'esistenza
cristiana la tensione missionaria.
Eucaristia e testimonianza
85. La prima e fondamentale missione
che ci viene dai santi Misteri che celebriamo è di
rendere testimonianza con la nostra vita. Lo stupore
per il dono che Dio ci ha fatto in Cristo imprime
alla nostra esistenza un dinamismo nuovo
impegnandoci ad essere testimoni del suo amore.
Diveniamo testimoni quando, attraverso le nostre
azioni, parole e modo di essere, un Altro appare e
si comunica. Si può dire che la testimonianza è il
mezzo con cui la verità dell'amore di Dio raggiunge
l'uomo nella storia, invitandolo ad accogliere
liberamente questa novità radicale. Nella
testimonianza Dio si espone, per così dire, al
rischio della libertà dell'uomo. Gesù stesso è il
testimone fedele e verace (cfr Ap 1,5; 3,14);
è venuto per rendere testimonianza alla verità (cfr
Gv 18,37). In quest'ordine di riflessioni mi
preme riprendere un concetto caro ai primi
cristiani, ma che colpisce anche noi, cristiani di
oggi: la testimonianza fino al dono di se stessi,
fino al martirio, è sempre stata considerata nella
storia della Chiesa il culmine del nuovo culto
spirituale: « Offrite i vostri corpi » (Rm
12,1). Si pensi, ad esempio, al racconto del
martirio di san Policarpo di Smirne, discepolo di
san Giovanni: tutta la drammatica vicenda è
descritta come liturgia, anzi come un divenire
Eucaristia del martire stesso.(235) Pensiamo anche
alla coscienza eucaristica che Ignazio di Antiochia
esprime in vista del suo martirio: egli si considera
« frumento di Dio » e desidera di diventare nel
martirio « pane puro di Cristo ».(236) Il cristiano
che offre la sua vita nel martirio entra nella piena
comunione con la Pasqua di Gesù Cristo e così
diviene egli stesso con Lui Eucaristia. Ancora oggi
non mancano alla Chiesa martiri in cui si manifesta
in modo supremo l'amore di Dio. Anche quando non ci
viene chiesta la prova del martirio, tuttavia,
sappiamo che il culto gradito a Dio postula
intimamente questa disponibilità(237) e trova la sua
realizzazione nella lieta e convinta testimonianza,
di fronte al mondo, di una vita cristiana coerente
negli ambiti dove il Signore ci chiama ad
annunciarlo.
Cristo Gesù, unico Salvatore
86. Sottolineare il rapporto
intrinseco tra Eucaristia e missione ci fa
riscoprire anche il contenuto ultimo del nostro
annuncio. Quanto più nel cuore del popolo cristiano
sarà vivo l'amore per l'Eucaristia, tanto più gli
sarà chiaro il compito della missione: portare
Cristo. Non solo un'idea o un'etica a Lui
ispirata, ma il dono della sua stessa Persona. Chi
non comunica la verità dell'Amore al fratello non ha
ancora dato abbastanza. L'Eucaristia come sacramento
della nostra salvezza ci richiama così
inevitabilmente all'unicità di Cristo e della
salvezza da Lui compiuta a prezzo del suo sangue.
Pertanto, dal Mistero eucaristico, creduto e
celebrato, sorge l'esigenza di educare costantemente
tutti al lavoro missionario il cui centro è
l'annuncio di Gesù, unico Salvatore.(238) Ciò
impedirà di ridurre in chiave meramente sociologica
la decisiva opera di promozione umana sempre
implicata in ogni autentico processo di
evangelizzazione.
Libertà di culto
87. In questo contesto, desidero
dare voce a quanto hanno affermato i Padri durante
l'Assemblea sinodale riguardo alle gravi difficoltà
che investono la missione di quelle comunità
cristiane che vivono in condizioni di minoranza o
addirittura di privazione della libertà
religiosa.(239) Dobbiamo rendere veramente grazie al
Signore per tutti i Vescovi, sacerdoti, persone
consacrate e laici, che si prodigano nell'annunciare
il Vangelo e vivono la loro fede mettendo a
repentaglio la propria vita. Non sono poche le
regioni del mondo nelle quali il solo recarsi in
Chiesa costituisce un'eroica testimonianza che
espone la vita del soggetto all'emarginazione e alla
violenza. Anche in questa circostanza voglio
confermare la solidarietà di tutta la Chiesa con
coloro che soffrono per la mancanza di libertà di
culto. Là dove manca la libertà religiosa, lo
sappiamo, manca in definitiva la libertà più
significativa, poiché nella fede l'uomo esprime
l'intima decisione riguardo al senso ultimo della
propria esistenza. Preghiamo, pertanto, che si
allarghino gli spazi della libertà religiosa in
tutti gli Stati, affinché i cristiani, come pure i
membri delle altre religioni, possano liberamente
vivere le loro convinzioni, personalmente e in
comunità.
Eucaristia, mistero da offrire al mondo
Eucaristia, pane spezzato per
la vita del mondo
88. « Il pane che io darò è la mia
carne per la vita del mondo » (Gv 6,51). Con
queste parole il Signore rivela il vero significato
del dono della propria vita per tutti gli uomini.
Esse ci mostrano anche l'intima compassione che Egli
ha per ogni persona. In effetti, tante volte i
Vangeli ci riportano i sentimenti di Gesù nei
confronti degli uomini, in special modo dei
sofferenti e dei peccatori (cfr Mt 20,34;
Mc 6,34; Lc 19,41). Egli esprime
attraverso un sentimento profondamente umano
l'intenzione salvifica di Dio per ogni uomo,
affinché raggiunga la vita vera. Ogni Celebrazione
eucaristica attualizza sacramentalmente il dono che
Gesù ha fatto della propria vita sulla Croce per noi
e per il mondo intero. Al tempo stesso,
nell'Eucaristia Gesù fa di noi testimoni della
compassione di Dio per ogni fratello e sorella.
Nasce così intorno al Mistero eucaristico il
servizio della carità nei confronti del prossimo,
che « consiste appunto nel fatto che io amo, in Dio
e con Dio, anche la persona che non gradisco o
neanche conosco. Questo può realizzarsi solo a
partire dall'intimo incontro con Dio, un incontro
che è diventato comunione di volontà arrivando fino
a toccare il sentimento. Allora imparo a guardare
quest'altra persona non più soltanto con i miei
occhi e con i miei sentimenti, ma secondo la
prospettiva di Gesù Cristo ».(240) In tal modo
riconosco, nelle persone che avvicino, fratelli e
sorelle per i quali il Signore ha dato la sua vita
amandoli « fino alla fine » (Gv 13,1). Di
conseguenza, le nostre comunità, quando celebrano
l'Eucaristia, devono prendere sempre più coscienza
che il sacrificio di Cristo è per tutti e pertanto
l'Eucaristia spinge ogni credente in Lui a farsi «
pane spezzato » per gli altri, e dunque ad
impegnarsi per un mondo più giusto e fraterno.
Pensando alla moltiplicazione dei pani e dei pesci,
dobbiamo riconoscere che Cristo ancora oggi continua
ad esortare i suoi discepoli ad impegnarsi in prima
persona: « Date loro voi stessi da mangiare » (Mt
14,16). Davvero la vocazione di ciascuno di noi
è quella di essere, insieme a Gesù, pane spezzato
per la vita del mondo.
Le implicazioni sociali del
Mistero eucaristico
89. L'unione con Cristo che si
realizza nel Sacramento ci abilita anche ad una
novità di rapporti sociali: « la « mistica » del
Sacramento ha un carattere sociale ». Infatti, «
l'unione con Cristo è allo stesso tempo unione con
tutti gli altri ai quali Egli si dona. Io non posso
avere Cristo solo per me; posso appartenergli
soltanto in unione con tutti quelli che sono
diventati o diventeranno suoi ».(241) A questo
proposito è necessario esplicitare la relazione tra
Mistero eucaristico e impegno sociale. L'Eucaristia
è sacramento di comunione tra fratelli e sorelle che
accettano di riconciliarsi in Cristo, il quale ha
fatto di ebrei e pagani un popolo solo, abbattendo
il muro di inimicizia che li separava (cfr Ef
2,14). Solo questa costante tensione alla
riconciliazione consente di comunicare degnamente al
Corpo e al Sangue di Cristo (cfr Mt
5,23-24).(242) Attraverso il memoriale del suo
sacrificio, Egli rafforza la comunione tra i
fratelli e, in particolare, sollecita coloro che
sono in conflitto ad affrettare la loro
riconciliazione aprendosi al dialogo e all'impegno
per la giustizia. È fuori dubbio che condizioni per
costruire una vera pace siano la restaurazione della
giustizia, la riconciliazione e il perdono.(243) Da
questa consapevolezza nasce la volontà di
trasformare anche le strutture ingiuste per
ristabilire il rispetto della dignità dell'uomo,
creato a immagine e somiglianza di Dio. È attraverso
lo svolgimento concreto di questa responsabilità che
l'Eucaristia diventa nella vita ciò che essa
significa nella celebrazione. Come ho avuto modo di
affermare, non è compito proprio della Chiesa quello
di prendere nelle sue mani la battaglia politica per
realizzare la società più giusta possibile;
tuttavia, essa non può e non deve neanche restare ai
margini della lotta per la giustizia. La Chiesa «
deve inserirsi in essa per via dell'argomentazione
razionale e deve risvegliare le forze spirituali,
senza le quali la giustizia, che sempre richiede
anche rinunzie, non può affermarsi e prosperare
».(244)
Nella prospettiva della
responsabilità sociale di tutti i cristiani i Padri
sinodali hanno ricordato che il sacrificio di Cristo
è mistero di liberazione che ci interpella e provoca
continuamente. Rivolgo pertanto un appello a tutti i
fedeli ad essere realmente operatori di pace e di
giustizia: « Chi partecipa all'Eucaristia, infatti,
deve impegnarsi a costruire la pace nel nostro mondo
segnato da molte violenze e guerre, e oggi in modo
particolare, dal terrorismo, dalla corruzione
economica e dallo sfruttamento sessuale ».(245)
Tutti problemi, questi, che a loro volta generano
altri fenomeni avvilenti che destano viva
preoccupazione. Noi sappiamo che queste situazioni
non possono essere affrontate in modo superficiale.
Proprio in forza del Mistero che celebriamo, occorre
denunciare le circostanze che sono in contrasto con
la dignità dell'uomo, per il quale Cristo ha versato
il suo sangue, affermando così l'alto valore di ogni
singola persona.
Il cibo della verità e
l'indigenza dell'uomo
90. Non possiamo rimanere inattivi
di fronte a certi processi di globalizzazione che
non di rado fanno crescere a dismisura lo scarto tra
ricchi e poveri a livello mondiale. Dobbiamo
denunciare chi dilapida le ricchezze della terra,
provocando disuguaglianze che gridano verso il cielo
(cfr Gc 5,4). Ad esempio, è impossibile
tacere di fronte alle « immagini sconvolgenti dei
grandi campi di profughi o di rifugiati – in diverse
parti del mondo – raccolti in condizioni di fortuna,
per scampare a sorte peggiore, ma di tutto
bisognosi. Non sono, questi esseri umani, nostri
fratelli e sorelle? Non sono i loro bambini venuti
al mondo con le stesse legittime attese di felicità
degli altri? ».(246) Il Signore Gesù, Pane di vita
eterna, ci sprona e ci rende attenti alle situazioni
di indigenza in cui versa ancora gran parte
dell'umanità: sono situazioni la cui causa implica
spesso una chiara ed inquietante responsabilità
degli uomini. Infatti, « sulla base di dati
statistici disponibili si può affermare che meno
della metà delle immense somme globalmente destinate
agli armamenti sarebbe più che sufficiente per
togliere stabilmente dall'indigenza lo sterminato
esercito dei poveri. La coscienza umana ne è
interpellata. Alle popolazioni che vivono sotto la
soglia della povertà, più a causa di situazioni
dipendenti dai rapporti internazionali politici,
commerciali e culturali, che non a motivo di
circostanze incontrollabili, il nostro comune
impegno nella verità può e deve dare nuova speranza
».(247)
Il cibo della verità ci spinge a
denunciare le situazioni indegne dell'uomo, in cui
si muore per mancanza di cibo a causa
dell'ingiustizia e dello sfruttamento, e ci dona
nuova forza e coraggio per lavorare senza sosta
all'edificazione della civiltà dell'amore.
Dall'inizio i cristiani si sono preoccupati di
condividere i loro beni (cfr At 4,32) e di
aiutare i poveri (cfr Rm 15,26). L'elemosina
che si raccoglie nelle assemblee liturgiche ne è un
vivo ricordo, ma è anche una necessità assai
attuale. Le istituzioni ecclesiali di beneficenza,
in particolare la Caritas a vari livelli,
svolgono il prezioso servizio di aiutare le persone
in necessità, soprattutto i più poveri. Traendo
ispirazione dall'Eucaristia, che è il sacramento
della carità, esse ne divengono l'espressione
concreta; meritano perciò ogni plauso ed
incoraggiamento per il loro impegno solidale nel
mondo.
La dottrina sociale della
Chiesa
91. Il mistero dell'Eucaristia ci
abilita e ci spinge ad un impegno coraggioso nelle
strutture di questo mondo per portarvi quella novità
di rapporti che ha nel dono di Dio la sua fonte
inesauribile. La preghiera, che ripetiamo in ogni
santa Messa: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano
», ci obbliga a fare tutto il possibile, in
collaborazione con le istituzioni internazionali,
statali, private, perché cessi o perlomeno
diminuisca nel mondo lo scandalo della fame e della
sottoalimentazione di cui soffrono tanti milioni di
persone, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.
Il cristiano laico in particolare, formato alla
scuola dell'Eucaristia, è chiamato ad assumere
direttamente la propria responsabilità politica e
sociale. Perché egli possa svolgere adeguatamente i
suoi compiti occorre prepararlo attraverso una
concreta educazione alla carità e alla giustizia.
Per questo, come è stato richiesto dal Sinodo, è
necessario che nelle Diocesi e nelle comunità
cristiane venga fatta conoscere e promossa la
dottrina sociale della Chiesa.(248) In questo
prezioso patrimonio, proveniente dalla più antica
tradizione ecclesiale, troviamo gli elementi che
orientano con profonda sapienza il comportamento dei
cristiani di fronte alle questioni sociali
scottanti. Questa dottrina, maturata durante tutta
la storia della Chiesa, si caratterizza per realismo
ed equilibrio, aiutando così ad evitare fuorvianti
compromessi o vacue utopie.
Santificazione del mondo e
salvaguardia del creato
92. Infine, per sviluppare una
spiritualità eucaristica profonda, capace di
incidere significativamente anche nel tessuto
sociale, è necessario che il popolo cristiano, che
rende grazie per mezzo dell'Eucaristia, abbia
coscienza di farlo in nome dell'intera creazione,
aspirando così alla santificazione del mondo e
lavorando intensamente a tal fine.(249) L'Eucaristia
stessa getta una luce potente sulla storia umana e
su tutto il cosmo. In questa prospettiva
sacramentale impariamo, giorno per giorno, che ogni
evento ecclesiale possiede il carattere di segno,
attraverso il quale Dio comunica se stesso e ci
interpella. In tal maniera, la forma eucaristica
dell'esistenza può davvero favorire un autentico
cambiamento di mentalità nel modo con cui leggiamo
la storia ed il mondo. La liturgia stessa ci educa a
tutto questo, quando, durante la presentazione dei
doni, il sacerdote rivolge a Dio una preghiera di
benedizione e di richiesta in relazione al pane e al
vino, « frutto della terra », « della vite » e del «
lavoro dell'uomo ». Con queste parole, oltre che
coinvolgere nell'offerta a Dio tutta l'attività e la
fatica umana, il rito ci spinge a considerare la
terra come creazione di Dio, che produce per noi ciò
di cui abbiamo bisogno per il nostro sostentamento.
Essa non è una realtà neutrale, mera materia da
utilizzare indifferentemente secondo l'umano
istinto. Piuttosto si colloca all'interno del
disegno buono di Dio, per il quale tutti noi siamo
chiamati ad essere figli e figlie nell'unico Figlio
di Dio, Gesù Cristo (cfr Ef 1,4-12). Le
giuste preoccupazioni per le condizioni ecologiche
in cui versa il creato in tante parti del mondo
trovano conforto nella prospettiva della speranza
cristiana, che ci impegna ad operare
responsabilmente per la salvaguardia del
creato.(250) Nel rapporto tra l'Eucaristia e il
cosmo, infatti, scopriamo l'unità del disegno di Dio
e siamo portati a cogliere la profonda relazione tra
la creazione e la « nuova creazione », inaugurata
nella risurrezione di Cristo, nuovo Adamo. Ad essa
noi partecipiamo già ora in forza del Battesimo (cfr
Col 2,12s) e così alla nostra vita cristiana,
nutrita dall'Eucaristia, si apre la prospettiva del
mondo nuovo, del nuovo cielo e della nuova terra,
dove la nuova Gerusalemme scende dal cielo, da Dio,
« pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap
21,2).
Utilità di un Compendio
eucaristico
93. Al termine di queste
riflessioni, in cui ho voluto soffermarmi sugli
orientamenti emersi nel Sinodo, desidero accogliere
anche la richiesta che i Padri hanno avanzato per
aiutare il popolo cristiano a credere, celebrare e
vivere sempre meglio il Mistero eucaristico. A cura
dei competenti Dicasteri sarà pubblicato un
Compendio, che raccoglierà testi del Catechismo
della Chiesa Cattolica, orazioni, spiegazioni delle
Preghiere Eucaristiche del Messale e quant'altro
possa rivelarsi utile per la corretta comprensione,
celebrazione e adorazione del Sacramento
dell'altare.(251) Mi auguro che questo strumento
possa contribuire a fare sì che il memoriale della
Pasqua del Signore diventi ogni giorno di più fonte
e culmine della vita e della missione della Chiesa.
Ciò stimolerà ogni fedele a fare della propria vita
un vero culto spirituale.
CONCLUSIONE
94. Cari fratelli e sorelle,
l'Eucaristia è all'origine di ogni forma di santità
ed ognuno di noi è chiamato a pienezza di vita nello
Spirito Santo. Quanti santi hanno reso autentica la
propria vita grazie alla loro pietà eucaristica! Da
sant'Ignazio d'Antiochia a sant'Agostino, da
sant'Antonio Abate a san Benedetto, da san Francesco
d'Assisi a san Tommaso d'Aquino, da santa Chiara
d'Assisi a santa Caterina da Siena, da san Pasquale
Baylon a san Pier Giuliano Eymard, da sant'Alfonso
M. de' Liguori al beato Charles de Foucauld, da san
Giovanni Maria Vianney a santa Teresa di Lisieux, da
san Pio da Pietrelcina alla beata Teresa di
Calcutta, dal beato Piergiorgio Frassati al beato
Ivan Merz, per fare solo alcuni dei tantissimi nomi,
la santità ha sempre trovato il suo centro nel
Sacramento dell'Eucaristia.
È perciò necessario che nella Chiesa
questo santissimo Mistero sia veramente creduto,
devotamente celebrato e intensamente vissuto. Il
dono che Gesù fa di sé nel Sacramento memoriale
della sua passione ci attesta che la riuscita della
nostra vita sta nella partecipazione alla vita
trinitaria, che in Lui ci è offerta in modo
definitivo ed efficace. La celebrazione e
l'adorazione dell'Eucaristia permettono di
accostarci all'amore di Dio e di aderirvi
personalmente fino all'unione con l'amato Signore.
L'offerta della nostra vita, la comunione con tutta
la comunità dei credenti e la solidarietà con ogni
uomo sono aspetti imprescindibili della « logiké
latreía », del culto spirituale, santo e gradito
a Dio (cfr Rm 12,1), in cui tutta la nostra
concreta realtà umana è trasformata a gloria di Dio.
Invito pertanto tutti i pastori a porre la massima
attenzione nella promozione di una spiritualità
cristiana autenticamente eucaristica. I presbiteri,
i diaconi e tutti coloro che svolgono un ministero
eucaristico possano sempre trarre da questi stessi
servizi, adempiuti con cura e costante preparazione,
forza e stimolo per il proprio personale e
comunitario cammino di santificazione. Esorto tutti
i laici, le famiglie in particolare, a trovare
continuamente nel Sacramento dell'amore di Cristo
l'energia per trasformare la propria vita in un
segno autentico della presenza del Signore risorto.
Chiedo a tutti i consacrati e consacrate di mostrare
con la propria esistenza eucaristica lo splendore e
la bellezza di appartenere totalmente al Signore.
95. All'inizio del quarto secolo il
culto cristiano era ancora proibito dalle autorità
imperiali. Alcuni cristiani del Nord Africa, che si
sentivano impegnati alla celebrazione del Giorno del
Signore, sfidarono la proibizione. Furono
martirizzati mentre dichiaravano che non era loro
possibile vivere senza l'Eucaristia, cibo del
Signore: sine dominico non possumus.(252)
Questi martiri di Abitine, uniti a tanti Santi e
Beati che hanno fatto dell'Eucaristia il centro
della loro vita, intercedano per noi e ci insegnino
la fedeltà all'incontro con Cristo risorto. Anche
noi non possiamo vivere senza partecipare al
Sacramento della nostra salvezza e desideriamo
essere iuxta dominicam viventes, tradurre
cioè nella vita quello che celebriamo nel Giorno del
Signore. Questo giorno, in effetti, è il giorno
della nostra definitiva liberazione. C'è da
meravigliarsi se desideriamo che ogni giorno sia
vissuto secondo la novità introdotta da Cristo con
il mistero dell'Eucaristia?
96. Maria Santissima, Vergine
immacolata, arca della nuova ed eterna alleanza, ci
accompagni in questo cammino incontro al Signore che
viene. In Lei troviamo realizzata l'essenza della
Chiesa nel modo più perfetto. La Chiesa vede in
Maria, « Donna eucaristica » – come l'ha chiamata il
Servo di Dio Giovanni Paolo II (253) –, la propria
icona meglio riuscita e la contempla come modello
insostituibile di vita eucaristica. Per questo,
predisponendosi ad accogliere sull’altare il «
verum Corpus natum de Maria Virgine », il
sacerdote, a nome dell'assemblea liturgica, afferma
con le parole del canone: « Ricordiamo e veneriamo
anzitutto la gloriosa e sempre Vergine Maria, Madre
del nostro Dio e Signore Gesù Cristo » (254). Il suo
santo nome è invocato e venerato anche nei canoni
delle tradizioni orientali cristiane. I fedeli, per
parte loro, « raccomandano a Maria, Madre della
Chiesa, la loro esistenza ed il loro lavoro.
Sforzandosi di avere gli stessi sentimenti di Maria,
aiutano tutta la comunità a vivere in offerta viva,
gradita al Padre » (255). Lei è la Tota pulchra,
la Tutta bella, poiché in Lei risplende il fulgore
della gloria di Dio. La bellezza della liturgia
celeste, che deve riflettersi anche nelle nostre
assemblee, trova in Lei uno specchio fedele. Da Lei
dobbiamo imparare a diventare noi stessi persone
eucaristiche ed ecclesiali per poter anche noi,
secondo la parola di san Paolo, presentarci
"immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli
ci ha voluto fin dal principio (cfr Col 1,21;
Ef 1,4) (256).
97. Per intercessione della Beata
Vergine Maria, lo Spirito Santo accenda in noi lo
stesso ardore che sperimentarono i discepoli di
Emmaus (cfr Lc 24,13-35) e rinnovi nella
nostra vita lo stupore eucaristico per lo splendore
e la bellezza che rifulgono nel rito liturgico,
segno efficace della stessa bellezza infinita del
mistero santo di Dio. Quei discepoli si alzarono e
ritornarono in fretta a Gerusalemme per condividere
la gioia con i fratelli e le sorelle nella fede. La
vera gioia infatti è riconoscere che il Signore
rimane tra noi, compagno fedele del nostro cammino.
L'Eucaristia ci fa scoprire che Cristo, morto e
risorto, si mostra nostro contemporaneo nel mistero
della Chiesa, suo Corpo. Di questo mistero d'amore
siamo resi testimoni. Auguriamoci vicendevolmente di
andare colmi di gioia e di meraviglia all'incontro
con la santa Eucaristia, per sperimentare e
annunciare agli altri la verità della parola con cui
Gesù si è congedato dai suoi discepoli: « Io sono
con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo » (Mt
28,20).
Dato a Roma, presso San Pietro,
il 22 febbraio 2007, festa della Cattedra di San
Pietro Apostolo, secondo del mio Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
(1) Cfr S. Tommaso D'Aquino,
Summa Theologiae III, q. 73, a. 3.
(2) S. Agostino, In Iohannis
Evangelium Tractatus, 26.5: PL 35, 1609.
(3) Benedetto XVI,
Discorso ai partecipanti all'Assemblea Plenaria
della Congregazione per la Dottrina della fede
(10 febbraio 2006) : AAS 98 (2006), 255.
(4) Cfr Benedetto XVI,
Discorso ai Membri del Consiglio Ordinario della
Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi (1
giugno 2006): L'Osservatore Romano, 2 giugno
2006, p. 5.
(5) Cfr Propositio 2.
(6) Mi riferisco qui alla necessità
di una ermeneutica della continuità anche in
riferimento ad una corretta lettura dello sviluppo
liturgico dopo il Concilio Vaticano II: cfr
Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005):
AAS 98 (2006), 44-45.
(7) Cfr AAS 97 (2005),
337-352.
(8) Cfr
Anno dell'Eucaristia: suggerimenti e proposte
(15 ottobre 2004): L'Osservatore Romano, 15
ottobre 2004, Supplemento.
(9) Cfr AAS 95 (2003),
433-475. Si ricordi anche l'Istr. della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti,
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004):
AAS 96 (2004), 549-601, voluta espressamente da
Giovanni Paolo II.
(10) Solo per ricordare i
principali: Conc. Ecum. di Trento, Doctrina et
canones de ss. Missae sacrificio, DS
1738-1759; Leone XIII, Lett. enc. Mirae caritatis
(28 maggio 1902): ASS (1903), 115-136;
Pio XII, Lett. enc.
Mediator Dei (20 novembre 1947): AAS
39 (1947), 521-595; Paolo VI, Lett. enc.
Mysterium fidei (3 settembre 1965): AAS
57 (1965), 753-774; Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003):
AAS 95 (2003), 433-475; Congregazione per il
Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Eucharisticum mysterium (25 maggio 1967): AAS
59 (1967), 539-573; Istr. Liturgiam authenticam
(28 marzo 2001): AAS 93 (2001), 685-726.
(11) Cfr Propositio 1.
(12) N. 14: AAS 98 (2006),
229.
(13)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1327.
(14) Propositio 16.
(15) Benedetto XVI,
Omelia in occasione dell'insediamento sulla Cattedra
Romana (7 maggio 2005): AAS 97 (2005),
752.
(16) Cfr Propositio 4.
(17) De Trinitate, VIII, 8,
12: CCL 50, 287.
(18) Lett. enc.
Deus caritas est (25 dicembre 2005), 12:
AAS 98 (2006), 228.
(19) Cfr Propositio 3.
(20) Breviario Romano, Inno
all'Ufficio delle Letture della solennità del Corpus
Domini.
(21) Benedetto XVI, Lett. enc.
Deus caritas est, (25 dicembre 2005), 13:
AAS 98 (2006), 228.
(22) Cfr Benedetto XVI,
Omelia sulla Spianata di Marienfeld (21 Agosto
2005): AAS 97 (2005), 891-892.
(23) Cfr Propositio 3.
(24) Cfr Messale Romano,
Preghiera Eucaristica IV.
(25) Catechesi XXIII, 7:
PG 33, 1114 s.
(26) Cfr Sul Sacerdozio, VI,
4: PG 48, 681.
(27) Ibidem, III, 4: PG
48, 642.
(28) Propositio 22.
(29) Cfr Propositio 42: «
Questo incontro eucaristico si realizza nello
Spirito Santo che ci trasforma e santifica. Egli
risveglia nel discepolo la volontà decisa di
annunciare agli altri, con audacia, quanto si è
ascoltato e vissuto, per condurre anche loro allo
stesso incontro con Cristo. In questo modo, il
discepolo, inviato dalla Chiesa, si apre ad una
missione senza frontiere ».
(30) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 3; ad esempio, si veda S.
Giovanni Crisostomo, Catechesi 3,13-19: SC
50,174-177.
(31) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 1:
AAS 95 (2003), 433.
(32) Ibidem, 21: AAS
95 (2003), 447.
(33) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
enc.
Redemptor hominis (4 marzo 1979), 20: AAS
71 (1979), 309-316; Lett. ap.
Dominicae Cenae (24 febbraio 1980), 4:
AAS 72 (1980), 119-121.
(34) Cfr Propositio 5.
(35) S. Tommaso D'Aquino, Summa
Theologiae, III, q. 80, a 4.
(36) N. 38: AAS 95 (2003),
458.
(37) Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 23.
(38) Congregazione per la Dottrina
della fede, Lettera su alcuni aspetti della Chiesa
intesa come comunione
Communionis Notio (28 maggio 1992), 11:
AAS 85 (1993), 844-845.
(39) Propositio 5: « Il
termine “cattolico” esprime l'universalità
proveniente dall'unità che l'Eucaristia, celebrata
in ogni Chiesa, favorisce ed edifica. Le Chiese
particolari nella Chiesa universale hanno così,
nell'Eucaristia, il compito di rendere visibile la
loro propria unità e la loro diversità. Questo
legame di amore fraterno lascia trasparire la
comunione trinitaria. I concili e i sinodi esprimono
nella storia quest'aspetto fraterno della Chiesa ».
(40) Cfr ibidem.
(41) Decr. sul ministero e la vita
dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis, 5.
(42) Cfr Propositio 14.
(43) Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 1.
(44) De Orat. Dom., 23: PL
4, 553.
(45) Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 48; cfr anche ibidem
9.
(46) Cfr Propositio 13.
(47) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 7.
(48) Cfr ibidem, 11; Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sull'attività missionaria della
Chiesa
Ad gentes, 9.13;
(49) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
ap.
Dominicae Cenae (24 febbraio 1980),7: AAS
72 (1980), 124-127; Conc. Ecum. Vat. II, Decr.
sul ministero e la vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis, 5.
(50) Cfr Codice dei Canoni delle
Chiese Orientali, can. 710.
(51) Cfr Rito dell'iniziazione
cristiana degli adulti, introd. gen. nn. 34-36.
(52) Cfr Rito del Battesimo dei
bambini, introd. nn. 18-19.
(53) Cfr Propositio 15.
(54) Cfr Propositio 7;
Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
36: AAS 95 (2003), 457-458.
(55) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre
1984), 18: AAS 77 (1985), 224-228.
(56) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1385.
(57) Si pensi qui al Confiteor
o alle parole del sacerdote e dell'assemblea prima
di accostarsi all'altare: « Signore, non sono
degno di partecipare alla tua mensa ma dì soltanto
una parola ed io sarò salvato! ». Non è senza
significato che la liturgia preveda anche per il
sacerdote alcune preghiere molto belle, consegnateci
dalla tradizione, che richiamano al bisogno di
essere perdonati, come ad esempio quella pronunciata
sottovoce, prima di invitare i fedeli alla comunione
sacramentale: « per il santo mistero del tuo
corpo e del tuo sangue liberami da ogni colpa e da
ogni male, fa che sia sempre fedele alla tua legge e
non sia mai separato da te ».
(58) Cfr S. Giovanni Damasceno,
Sulla retta fede, IV, 9: PG 94, 1124C; s.
Gregorio Nazianzeno, Discorso 39, 17: PG
36, 356A; Conc. Ecum. di Trento, Doctrina de
sacramento paenitentiae, cap. 2: DS 1672.
(59) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 11; Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Reconciliatio et Paenitentia (2 dicembre
1984), 30: AAS 77 (1985), 256-257.
(60) Cfr Propositio 7.
(61) Cfr Giovanni Paolo II, Motu
proprio
Misericordia Dei (7 aprile 2002): AAS
94 (2002), 452-459.
(62) Insieme ai Padri sinodali
ricordo che le celebrazioni penitenziali non
sacramentali, menzionate nel rituale del sacramento
della Riconciliazione, possono essere utili per
incrementare lo spirito di conversione e di
comunione nelle comunità cristiane, preparando così
i cuori alla celebrazione del sacramento: cfr
Propositio 7.
(63) Cfr
Codice di Diritto Canonico, can. 508.
(64) Paolo VI, Cost. ap.
Indulgentiarum doctrina (1 gennaio 1967),
Normae, n.1: AAS 59 (1967), 21.
(65) Ibidem, 9: AAS 59
(1967), 18-19.
(66) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica,
1499-1531.
(67) Ibidem, 1524.
(68) Cfr Propositio 44.
(69) Cfr Sinodo dei Vescovi, II
Assemblea Generale, Documento sul sacerdozio
ministeriale Ultimis temporibus (30 novembre
1971): AAS 63 (1971), 898-942.
(70) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 42-69:
AAS 84 (1992), 729-778.
(71) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 10; Congregazione per la
Dottrina della Fede, Lettera circa alcune questioni
riguardanti il ministro dell'Eucaristia
Sacerdotium ministeriale (6 agosto 1983):
AAS 75 (1983), 1001- 1009.
(72)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1548.
(73) Ibidem, 1552.
(74) Cfr In Iohannis Evangelium
Tractatus 123,5: PL 35, 1967.
(75) Cfr Propositio 11.
(76) Cfr Decr. sul ministero e la
vita dei presbiteri
Presbyterorum Ordinis, 16.
(77) Cfr Giovanni XXIII, Lett. enc.
Sacerdotii nostri primordia (1 agosto 1959):
AAS 51 (1959), 545-579; Paolo VI, Lett. enc.
Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967):
AAS 59 (1967), 657-697; Giovanni Paolo II,
Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 29:
AAS 84 (1992), 703-705; Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2006):
L'Osservatore Romano, 23 dicembre 2006, p. 6.
(78) Cfr Propositio 11.
(79) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr.
sulla formazione sacerdotale
Optatam totius, 6;
Codice di Diritto Canonico, can. 241, § 1 e
can. 1029; Codice dei Canoni delle Chiese
Orientali, can. 342, § 1 e can. 758; Giovanni
Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992)
11.34.50: AAS 84 (1992), 673-675; 712-714;
746-748; Congregazione per il Clero, Direttorio per
il ministero e la vita dei presbiteri Dives
Ecclesiae (31 marzo 1994), 58: LEV, 1994, pp.
56-58; Congregazione per l'educazione cattolica,
Istruzione circa i criteri di discernimento
vocazionale riguardo alle persone con tendenze
omosessuali in vista della loro ammissione al
Seminario e agli Ordini sacri (4 novembre 2005):
AAS 97 (2005), 1007-1013.
(80) Cfr Propositio 12;
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992) 41:
AAS 84 (1992), 726-729.
(81) Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 29.
(82) Cfr Propositio 38.
(83) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Familiaris consortio (22 novembre 1981), 57:
AAS 74 (1982), 149-150.
(84) Lett. ap.
Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 26:
AAS 80 (1988), 1715-1716.
(85)
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1617.
(86) Cfr Propositio 8.
(87) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 11.
(88) Cfr Propositio 8.
(89) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
ap.
Mulieris dignitatem (15 agosto 1988): AAS
80 (1988), 1653-1729; Congregazione per la
dottrina della fede,
Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla
collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa
e nel mondo (31 maggio 2004): AAS 96
(2004), 671-687.
(90) Cfr Propositio 9.
(91) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1640.
(92) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Familiaris consortio (22 novembre 1981), 84:
AAS 74 (1982), 184-186; Congregazione per la
Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa
Cattolica circa la recezione della comunione
eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati
Annus Internationalis Familiae (14 settembre
1994): AAS 86 (1994), 974-979.
(93) Cfr Pontificio Consiglio per i
Testi legislativi, Istruzione sulle norme da
osservarsi nei tribunali ecclesiastici nelle cause
matrimoniali
Dignitas connubii (25 gennaio 2005), Città
del Vaticano, 2005.
(94) Cfr Propositio 40.
(95) Benedetto XVI,
Discorso al Tribunale della Rota Romana in occasione
dell'inaugurazione dell'anno giudiziario (28
gennaio 2006): AAS 98 (2006), 138.
(96) Cfr Propositio 40.
(97) Cfr ibidem.
(98) Cfr ibidem.
(99) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 48.
(100) Cfr Propositio 3.
(101) Vorrei qui richiamare le
parole piene di speranza e di conforto che troviamo
nella Preghiera eucaristica II: « ricordati dei
nostri fratelli che si sono addormentati nella
speranza della risurrezione e di tutti i defunti che
si affidano alla tua clemenza: ammettili a godere la
luce del tuo volto ».
(102) Cfr Benedetto XVI,
Omelia (8 dicembre 2005): AAS 98 (2006),
15-16.
(103) Cost. dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 58.
(104) Propositio 4.
(105) Relatio post disceptationem,
4: L'Osservatore Romano, 14 ottobre 2005, p.
5.
(106) Cfr Sermo 1, 7; 11, 10;
22, 7; 29, 76: Sermones dominicales ad fidem
codicum nunc denuo editi, Grottaferrata 1977,
pp.135, 209 s., 292 s., 337; Benedetto XVI,
Messaggio ai Movimenti Ecclesiali e alle Nuove
Comunità (22 maggio 2006): AAS 98 (2006),
463.
(107) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo
Gaudium et spes, 22.
(108) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla divina rivelazione
Dei Verbum, 2.4.
(109) Propositio 33.
(110) Sermo 227, 1: PL
38, 1099.
(111) S. Agostino, In Iohannis
Evangelium Tractatus 21, 8: PL 35, 1568.
(112) Ibidem, 28,1: PL
35, 1622.
(113) Cfr Propositio 30.
Anche la santa Messa che la Chiesa celebra durante
la settimana, ed a cui i fedeli sono invitati a
partecipare, trova la sua forma propria nel giorno
del Signore, il giorno della risurrezione di Cristo;
Propositio 43.
(114) Cfr Propositio 2.
(115) Cfr Propositio 25
(116) Cfr Propositio 19. La
Propositio 25 specifica: « Un'autentica azione
liturgica esprime la sacralità del Mistero
eucaristico. Questa dovrebbe trasparire nelle parole
e nelle azioni del sacerdote celebrante, mentre egli
intercede presso Dio Padre sia con i fedeli sia per
loro ».
(117) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 22; Cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 41; Congregazione
per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti,
Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo
2004),19-25: AAS 96 (2004), 555-557.
(118) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr.
sull'ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa
Christus Dominus, 14; Cost. sulla sacra
liturgia
Sacrosanctum Concilium, 41.
(119) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 22.
(120) Cfr ibidem.
(121) Cfr Propositio 25.
(122) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 112-130.
(123) Cfr Propositio 27.
(124) Cfr ibidem.
(125) Per tutto quanto riguarda
questi aspetti occorre attenersi fedelmente a quanto
indicato nell'Ordinamento Generale del Messale
Romano, 319-351.
(126) Cfr Ordinamento Generale
del Messale Romano, 39-41; Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 112-118.
(127) Sermo 34,1: PL
38, 210.
(128) Cfr Propositio 25: «
Come tutte le espressioni artistiche anche il canto
deve essere intimamente armonizzato con la liturgia,
partecipare efficacemente al suo fine, ossia deve
esprimere la fede, la preghiera, lo stupore, l'amore
verso Gesù presente nell'Eucaristia ».
(129) Cfr Propositio 29.
(130) Cfr Propositio 36.
(131) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 116; Ordinamento
Generale del Messale Romano, 41.
(132) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 28; cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 56; Sacra
Congregazione dei Riti, Istr. Eucharisticum
Mysterium (25 maggio 1967), 3: AAS 57
(1967), 540-543.
(133) Cfr Propositio 18.
(134) Ibidem.
(135) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 29.
(136) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
enc.
Fides et Ratio (14 settembre 1998), 13:
AAS 91 (1999), 15-16.
(137) S. Gerolamo, Comm. in Is.,
Prol.: PL 24, 17; cfr Conc. Ecum. Vat.
II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione
Dei Verbum, 25.
(138) Cfr Propositio 31.
(139) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 29; cfr Conc. Ecum. Vat. II,
Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 7.33.52.
(140) Propositio 19.
(141) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 52.
(142) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla divina Rivelazione
Dei Verbum, 21.
(143) A tale scopo il Sinodo ha
esortato ad elaborare sussidi pastorali, basati sul
lezionario triennale, che aiutino a legare in modo
intrinseco la proclamazione delle letture previste
con la dottrina della fede: cfr Propositio
19.
(144) Cfr Propositio 20.
(145) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 78.
(146) Cfr ibidem, 78-79.
(147) Cfr Propositio 22.
(148) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 79d.
(149) Ibidem, 79c.
(150) Tenendo conto di consuetudini
antiche e venerabili e dei desideri espressi dai
Padri sinodali, ho chiesto ai competenti Dicasteri
di studiare la possibilità di collocare lo scambio
della pace in altro momento, ad esempio prima della
presentazione dei doni all'altare. Tale scelta,
peraltro, non mancherebbe di suscitare un
significativo richiamo all'ammonimento del Signore
sulla necessaria riconciliazione previa ad ogni
offerta a Dio (cfr Mt 5,23s): cfr
Propositio 23.
(151) Cfr Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004),
80-96: AAS 96 (2004), 574-577.
(152) Cfr Propositio 34.
(153) Cfr Propositio 35.
(154) Cfr Propositio 24.
(155) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 14-20; 30s; 48s;
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004),
36-42: AAS 96 (2004), 561-564.
(156) N. 48.
(157) Ibidem.
(158) Cfr Congregazione per il Clero
e altri Dicasteri della Curia Romana, Istr. su
alcune questioni circa la collaborazione dei laici
nel ministero dei sacerdoti Ecclesiae de mysterio
(15 agosto 1997): AAS 89 (1997), 852-877.
(159) Cfr Propositio 33.
(160) Ordinamento Generale del
Messale Romano, 92.
(161) Cfr ibidem, 94.
(162) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decr.
sull'apostolato dei laici
Apostolicam actuositatem, 24; Ordinamento
Generale del Messale Romano, nn. 95-111;
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum (25 marzo 2004),
43-47: AAS 96 (2004), 564-566; Propositio
33: « Questi ministeri devono essere introdotti
secondo uno specifico mandato e secondo le reali
esigenze della comunità che celebra. Le persone
incaricate di questi servizi liturgici laicali
devono essere scelte accuratamente, ben preparate e
accompagnate con una formazione permanente. La loro
nomina deve essere a tempo. Queste persone devono
essere conosciute dalla comunità e devono ricevere
da essa anche un grato riconoscimento ».
(163) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 37-42.
(164) Cfr Ordinamento Generale
del Messale Romano, 386-399.
(165) AAS 87 (1995), 288-314.
(166) Esort. ap. postsinodale
Ecclesia in Africa (14 settembre 1995),
55-71: AAS 88 (1996), 34-47; Esort. ap.
postsinodale
Ecclesia in America (22 gennaio 1999),
16.40.64.70-72: AAS 91 (1999), 752-753;
775-776; 799; 805-809; Esort. ap. postsinodale
Ecclesia in Asia (6 novembre 1999), 21s.:
AAS 92 (2000), 482-487; Esort. ap. postsinodale
Ecclesia in Oceania (22 novembre 2001), 16:
AAS 94 (2002), 382-384; Esort. ap.
postsinodale
Ecclesia in Europa (28 giugno 2003), 58-60:
AAS 95 (2003), 685-686.
(167) Cfr Propositio 26.
(168) Cfr Propositio 35;
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 11.
(169) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1388;
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 55.
(170) Cfr Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
34: AAS 95 (2003), 456.
(171) Quali, ad esempio, S. Tommaso
d'Aquino, Summa. Theologiae, III, q. 80, a.
1,2; S. Teresa di Gesù, Cammino di perfezione,
cap. 35. La dottrina è stata autorevolmente
confermata dal Concilio di Trento, sess. XIII, c.
VIII.
(172) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
enc.
Ut unum sint (25 maggio 1995), 8: AAS
87 (1995), 925-926.
(173) Cfr Propositio 41;
Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sull'ecumenismo
Unitatis redintegratio, 8, 15; Giovanni
Paolo II, Lett. enc.
Ut unum sint (25 maggio 1995), 46: AAS
87 (1995), 948; Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
45-46: AAS 95 (2003), 463-464;
Codice di Diritto Canonico, can. 844 §§ 3-4;
Codice dei Canoni delle Chiese Orientali,
can. 671 §§ 3-4; Pontificio Consiglio per l'Unità
dei Cristiani, Directoire pour l'application des
principes et des normes sur l'œcuménisme (25
marzo 1993), 125, 129- 131: AAS 85 (1993),
1087, 1088-1089.
(174) Cfr NN. 1398-1401.
(175) Cfr N. 293.
(176) Cfr Pontificio Consiglio delle
Comunicazioni Sociali, Istr. past. sulle
Comunicazioni Sociali nel 20(o) Anniversario della «
Communio et Progressio »
Aetatis novae (22 febbraio 1992): AAS
84 (1992), 447-468.
(177) Cfr Propositio 29.
(178) Cfr Propositio 44.
(179) Cfr Propositio 48.
(180) Tale conoscenza può essere
effettuata anche negli anni di formazione dei
candidati al sacerdozio in seminario attraverso
opportune iniziative: cfr Propositio 45.
(181) Cfr Propositio 37.
(182) Cfr Cost. sulla sacra liturgia
Sacrosanctum Concilium, 36 e 54.
(183) Propositio 36.
(184) Cfr ibidem.
(185) Cfr Propositio 32.
(186) Cfr Propositio 14.
(187) Propositio 19.
(188) Cfr Propositio 14.
(189) Cfr Benedetto XVI,
Omelia ai primi Vespri di Pentecoste (3 giugno
2006): AAS 98 (2006), 509.
(190) Cfr Propositio 34.
(191) Enarrationes in Psalmos
98,9: CCL XXXIX, 1385; cfr Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005):
AAS 98 (2006), 44-45.
(192) Cfr Propositio 6.
(193) Benedetto XVI,
Discorso alla Curia Romana (22 dicembre 2005):
AAS 98 (2006), 45.
(194) Cfr Propositio 6;
Congregazione per il Culto divino e la Disciplina
dei Sacramenti,
Direttorio su pietà popolare e liturgia (17
dicembre 2001), nn. 164-165, Città del Vaticano
2002, pp.137-139; Sacra Congregazione dei Riti,
Istr. Eucharisticum Mysterium (25 maggio
1967): AAS 57 (1967), 539-573.
(195) Cfr Relatio post
disceptationem, 11: L'Osservatore Romano,
14 ottobre 2005, p. 5.
(196) Cfr Propositio 28.
(197) Cfr n. 314.
(198) VII, 10, 16: PL 32,
742.
(199) Benedetto XVI,
Omelia sulla Spianata di Marienfeld, (21 agosto
2005): AAS 97 (2005), 892; cfr
Omelia nella Veglia di Pentecoste (3 giugno
2006): AAS 98 (2006), 505.
(200) Cfr Relatio post
disceptationem, 6, 47: L'Osservatore Romano,
14 ottobre 2005, pp. 5-6; Propositio 43.
(201) De civitate Dei, X, 6:
PL 41, 284.
(202) Cfr
Catechismo della Chiesa Cattolica, 1368.
(203) Cfr S. Ireneo, Contro le
eresie IV, 20, 7: PG 7, 1037.
(204) Epistola ai Magnesiani,
9,1: PG 5, 670.
(205) Cfr I Apologia 67, 1-6;
66: PG 6, 430 s. 427. 430.
(206) Cfr Propositio 30.
(207) Cfr AAS 90 (1998),
713-766.
(208) Propositio 30.
(209)
Omelia (19 marzo 2006): AAS 98 (2006),
324.
(210) Opportunamente nota al
riguardo il
Compendio della dottrina sociale della Chiesa,
258: « All'uomo, legato alla necessità del lavoro,
il riposo apre la prospettiva di una libertà più
piena, quella del sabato eterno (cfr Eb
4,9-10). Il riposo consente agli uomini di ricordare
e di rivivere le opere di Dio, dalla Creazione alla
Redenzione, di riconoscersi essi stessi come opera
sua (cfr Ef 2,10), di rendere grazie della
propria vita e della propria sussistenza a Lui, che
ne è l'autore ».
(211) Cfr Propositio 10.
(212) Cfr ibidem.
(213) Cfr Benedetto XVI,
Discorso ai Vescovi della Conferenza episcopale del
Canada – Quebec in visita ad limina Apostolorum
(11 maggio 2006): L'Osservatore Romano, 12
maggio 2006, p. 5.
(214) N. 10: AAS 71 (1979),
414-415.
(215) Benedetto XVI,
Udienza generale del 29 marzo 2006:
L'Osservatore Romano, 30 marzo 2006, p. 4.
(216) Propositio 39.
(217) Cfr Relatio post
disceptationem, 30: L'Osservatore Romano,
14 ottobre 2005, p. 6.
(218) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 39-42.
(219) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Christifideles laici (30 dicembre 1988),
14.16: AAS 81 (1989) , 409-413; 416-418.
(220)Cfr Propositio 39.
(221) Cfr ibidem.
(222) Pontificale Romano.
Ordinazione del Vescovo, dei Presbiteri e dei
Diaconi, Rito dell'ordinazione del presbitero,
n. 150.
(223) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Pastores dabo vobis (25 marzo 1992), 19-33;
70-81: AAS 84 (1992), 686-712; 778-800.
(224) Propositio 38
(225) Propositio 39. Cfr
Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale
Vita consecrata (25 marzo 1996), 95: AAS
88 (1996), 470-471.
(226)
Codice di Diritto Canonico, can. 663, § 1.
(227) Cfr Giovanni Paolo II, Esort.
ap. postsinodale
Vita consecrata (25 marzo 1996), 34: AAS
88 (1996), 407-408.
(228) Lett. enc.
Veritatis splendor (6 agosto 1993), 107:
AAS 85 (1993), 1216-1217.
(229) Benedetto XVI, Lett. enc.
Deus caritas est (25 dicembre 2005), 14:
AAS 98 (2006), 229.
(230) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
enc.
Evangelium vitae (25 marzo 1995): AAS
87 (1995), 401-522; Benedetto XVI,
Discorso alla Pontificia Accademia per la vita
(27 febbraio 2006): AAS 98 (2006), 264-265.
(231) Cfr Congregazione per la
dottrina della Fede,
Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti
l'impegno e il comportamento dei cattolici nella
vita politica (24 novembre 2002): AAS 96
(2004), 359-370.
(232) Cfr Propositio 46.
(233) AAS 97 (2005), 711.
(234) Propositio 42.
(235) Cfr Il martirio di
Policarpo, XV,1: PG 5, 1039. 1042.
(236) S. Ignazio di Antiochia, Ai
Romani, IV,1: PG 5, 690.
(237) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
dogm. sulla Chiesa
Lumen gentium, 42.
(238) Cfr Propositio 42;
Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
sull'unicità e l'universalità salvifica di Gesù
Cristo e della Chiesa
Dominus Iesus (6 agosto 2000), 13-15: AAS
92 (2000), 754-755.
(239) Cfr Propositio 42
(240) Benedetto XVI, Lett. enc.
Deus caritas est (25 dicembre 2005), 18:
AAS 98 (2006), 232.
(241) Ibidem, n. 14.
(242) Non senza commozione durante
l'Assemblea sinodale abbiamo ascoltato testimonianze
assai significative sull'efficacia del sacramento
nell'opera di pacificazione. Al riguardo nella
Propositio 49 si afferma: « Grazie alle
Celebrazioni eucaristiche, popoli in conflitto hanno
potuto radunarsi attorno alla Parola di Dio,
ascoltare il suo annuncio profetico della
riconciliazione tramite il perdono gratuito,
ricevere la grazia della conversione che permette la
comunione allo stesso pane ed allo stesso calice ».
(243) Cfr Propositio 48.
(244) Benedetto XVI, Lett. enc.
Deus caritas est (25 dicembre 2005), 28:
AAS 98 (2006), 239.
(245) Propositio 48.
(246) Benedetto XVI,
Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la
Santa Sede (9 gennaio 2006): AAS 98
(2006), 127.
(247) Ibidem.
(248) Cfr Propositio 48.
Utilissimo a questo proposito si rivela il
Compendio della dottrina sociale della Chiesa.
(249) Cfr Propositio 43.
(250) Cfr Propositio 47.
(251) Cfr Propositio 17.
(252) Martyrium Saturnini, Dativi
et aliorum plurimorum, 7,9,10: PL 8,
707.709-710.
(253) Cfr Giovanni Paolo II, Lett.
enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003),
53: AAS 95 (2003), 469.
(254) Preghiera Eucaristica I
(Canone Romano).
(255) Propositio 50.
(256) Cfr Benedetto XVI,
Omelia (8 dicembre 2005): AAS 98 (2006),
15.
Fonti: Vaticano
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